La settimana, anzi, i sei giorni di preparazione alla diciassettesima giornata di campionato erano già iniziati male, a causa delle scorie rimaste purtroppo “in circolo” dopo il  mezzo passo falso casalingo con il Matera. Per fortuna, diremmo, il campionato continua e c’è poco spazio alle polemiche, a tutto ciò che può essere ulteriormente nocivo per la tranquillità di tutto l’ambiente giallorosso.

Non che ci aspettassimo un esodo di massa dei nostri tifosi a Messina, considerato l’anticipo al venerdì sera, cinquecento chilometri (a tratta) non proprio agevoli, il preventivabile ritorno a casa all’alba del giorno dopo che è anche feriale. Ma il consueto e solido nocciolo duro di tifosi della Strega avrebbe di certo presenziato alla partita al San Filippo. Dieci o cento, poco importa, loro ci sarebbero stati. Invece, il Prefetto della città siciliana ha ben pensato, quasi a lavarsene le mani e a scaricare responsabilità (ma quali?), che la partita si dovrà giocare a porte chiuse. Questo genera una chiara sperequazione, a tutto svantaggio di noi Sanniti, considerato che altre tifoserie in questo campionato hanno potuto tranquillamente seguire lì la propria squadra. Ciò che è accaduto fuori dallo stadio, in occasione della gara Messina - Catanzaro non può essere fatto “pagare” ai tifosi del Benevento. E’ un’enorme ingiustizia. E questo potrebbe generare i soliti sospetti, perché chiaramente ognuno può fare  particolari considerazioni in merito.

Altre scorie, ulteriori tossine che avvelenano la piazza beneventana. La “soluzione Schoum”può essere solo il ritorno alla vittoria. Quanto mai necessario ritornare a casa dallo Stretto, versante Cariddi,  con tre punti in tasca e una ritrovata compattezza-consapevolezza (di forza). Questa la base solida per una necessaria tranquillità che, a causa di molteplici eventi sfortunati e quindi negativi, pare essersi un tantino persa. E’ la conditio sine qua non, impensabile altrimenti pretendere di poter rincorrere obiettivi, pur se avessimo ventidue Messi in rosa e Mourinho seduto in panca. Le problematiche tecniche le conosciamo, ma è inutile continuare ad alimentare inutili polemiche, perché c’è chi è ampiamente qualificato per risolvere certe questioni e siamo certi che presto tutto tornerà nella migliore condizione.

Quello che ci lascia sconcertati, ma non è che non ce lo aspettassimo, è il fatto che, non appena la squadra ha iniziato ad accusare qualche battuta a vuoto, è iniziato il pericolosissimo "fuoco amico". La flessione della squadra magari è anche giustificata, preventivabile, considerando le condizioni in cui si è trovato il gruppo a disposizione di Fabio Brini, causa gli innumerevoli infortuni e, comunque, a prescindere da alcune scelte tecniche che tutt’ora non condividiamo, sia chiaro. Come se non bastassero le difficoltà di un campionato che si gioca non solo sul campo (oramai è chiaro), come sempre a Benevento dobbiamo guardarci le spalle anche da chi, invece, quelle spalle dovrebbe proteggerle. O per lo meno non colpirti a tradimento. La tecnica è antica, subdola e per questo vigliacca. Quando manca il coraggio di attaccare direttamente "una persona", si sceglie di puntare “il tiro” su chi gli sta vicino. Una sorta di faida nella quale la “verve pseudodelatoria” è l’unica arma utilizzabile.

Assolutamente scorretto e di cattivo gusto attaccare un collega, per quanto si voglia giocare con l’ironia e su una presunta leggerezza. Anche volgari certe allusioni, un sarcasmo scadente e ripetitivo che si tramuta alla fine in offesa personale, ingiustificabile considerando l’argomento trattato, il banalissimo gioco del calcio. Non c’è humor che tenga quando si offende, direttamente o indirettamente, soprattutto quando di base non c’è semplice voglia di scherzare per qualche presunta topica del soggetto messo alla berlina, ma ben altro. Gettare discredito sul lavoro altrui non fa più ridere soprattutto quando il comico di turno si scopre essere concorrente e per certi versi “dichiaratamente nemico”. Tutto questo fa solo del male al Benevento Calcio, tifosi inclusi. Crediamo che, inevitabilmente, cada ogni presupposto per fare ironia, quando è palese e traboccante la questione personale, intrisa da incontenibile e malcelato livore, causato probabilmente da insoddisfatta e frustrata ambizione. Cicatrici evidenti, i segni della sconfitta nell’inutile guerra dichiarata a giganti troppo alti per essere almeno scalfiti. Perché, è chiaro e lampante, l'obiettivo reale di cotanto interesse è un altro.

Se si pretende rispetto è chiaro che bisogna rispettare. E poi, con un briciolo di coraggio, si potrebbe chiedere un contraddittorio su quanto (unilateralmente), si vuole fare apparire falso e/o ridicolo, approfittando di una studiata assenza della “controparte”. Così si diventa, già è accaduto, soggetti stessi di nuove barzellette, ma di quelle che non fanno ridere, purtroppo.

Sezione: In primo piano / Data: Gio 11 dicembre 2014 alle 11:15
Autore: Redazione TuttoBenevento
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