Proviamo a esser chiari sin da subito e a mettere dei paletti ben saldi al nostro ragionamento. Alla società e al d.s. Foggia vanno fatti i complimenti per il modo in cui hanno traghettato la formazione giallorossa dalle acque agitate del post retrocessione (dal punto di vista economico-finanziario e da quello tecnico) a quelle sicuramente più calme nelle quali ha navigato per l’intera stagione.

 Un plauso va fatto, anche, per l’ottimo lavoro di ricostruzione fatto sul parco calciatori, praticamente rivoluzionato quasi in toto e che costituirà un’ottima base anche per il nuovo tecnico.

E poi c’è da considerare che i giallorossi hanno chiuso il campionato al quarto posto, non al quindicesimo.

Detto ciò, però, evidentemente qualche tassello non è andato nel posto giusto. In estate si è deciso di puntare sull’esperienza e sulla leadership dei vari Maggio, Nocerino e Puggioni. Scelta sicuramente condivisibile, sfido chiunque a dire che alla notizia degli ingaggi dell’ex Napoli e dell’ex Milan non ha fatto i salti di gioia.

Lo stesso Benevento è tornato, però, parzialmente, sui suoi passi. Prima accettando di buon grado la richiesta di abbandonare avanzata da Antonio Nocerino e, poi, relegando ai margini della prima squadra Christian Puggioni. Se nel caso di Nocerino si è detto che è stata una scelta del giocatore di voler essere più vicino alla famiglia che vive negli States (sebbene lasci parecchi dubbi); il caso del portiere è ben diverso. L’ex Samp dallo scorso gennaio è stato escluso dalla lista dei convocati, ufficialmente per scelta tecnica. Soluzione utilizzata alla bisogna quando qualcosa nei rapporti tra le varie parti non va propriamente nel verso giusto.

“Casi” ai quali va aggiunto anche il primo venutosi a creare in ordine di tempo e, certamente, il più doloroso. Come avrete intuito, stiamo parlando dell’addio, nel corso del ritiro, dell’ex capitano giallorosso, Fabio Lucioni. Al di là delle insufficienti motivazioni date dalle parti in causa, l’addio del calciatore ternano ha lasciato un vuoto enorme quanto a personalità e leadership nella squadra giallorossa. Chi era stato chiamato a colmarlo, per scelta propria o per scelta altrui (v. Nocerino e Puggioni), o perché non nelle sue corde (Maggio), non l’ha fatto.

Al netto degli errori tecnici e tattici dei calciatori e della guida tecnica, quello che è mancato di più ai giallorossi sono stati proprio carattere, personalità e mentalità vincente. Un qualcosa che non si compra al supermercato e che, a quanto ne dicono chi ne sa più del sottoscritto, o ce l’hai o non ce l’hai, non si allena. Non è, certamente, un caso se ogni volta che bisognava fare il salto di qualità non è stato fatto.

Del resto, ripetute volte gli stessi protagonisti, da Viola a Del Pinto, passando per Ghigo Gori, hanno pubblicamente fatto riferimento all’aspetto psicologico e caratteriale durante l’anno.

Il Benevento, dunque, per colpe proprie e non, per scelte proprie o di altri, ha visto venir meno i capisaldi sui quali aveva deciso di fondare il nuovo corso, dovendo, inoltre, convivere per un anno intero con situazioni non risolte o se risolte mai pienamente chiarite. Perché sfido chiunque a dire di aver capito il motivo dell’addio di Lucioni e di Nocerino e dell’accantonamento di Puggioni. No, non le opinioni. I fatti. Quelli che, solitamente, devono essere chiariti dalla fonte diretta e non possono essere frutto di interpretazioni soggettive.

Sezione: In primo piano / Data: Dom 02 giugno 2019 alle 20:18
Autore: Gerardo De Ioanni
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