Non so se si tratti di una maledizione, di iella, di tabù, o di una sorta di alone di cupo misticismo che sembra aver avvolto da tempo immemore la squadra di calcio del Benevento; fatto sta che – ed è un dato di fatto - non si riesce proprio a prevalere negli scontri diretti. E questo, ormai da, tanto, troppo tempo.

Catanzaro prima, Lupa Roma poi: stesso copione, stesso film già visto, anche nel recente passato. Il Benevento va meritatamente in vantaggio e viene, poi, puntualmente e meritatamente rimontato. Oppure non riesce a segnare un gol o, quel che è peggio, finisce per perdere le partite. Potrei citare vari casi anche recenti, ma non voglio riaprire ferite troppo fresche per non essere ancora sanguinanti.

E non è certamente una questione di “rosa”, perché tutto si può dire, tranne che il Benevento Calcio non abbia allestito negli ultimi anni squadre altamente competitive (e quest’anno in modo particolare).

E’, quindi, qualcosa che va ben oltre, fino ad assumere contorni e lineamenti irrazionali e metafisici.

A ben riflettere, infatti, questa circostanza di “razionale” ha veramente poco, tanto da diventare complicato anche parlarne senza rischiare di cadere nell’ovvietà e nella banalità, cercando magari di trovare nuovi spunti o fonti di ispirazione da un “caso” diventato ormai estremamente noioso, ripetitivo e monotono. Di settimana in settimana, di mese in mese si sono alternate diagnosi, studi, riflessioni da parte di esperti opinionisti ed addetti ai lavori. Nessuno, fin qui, ha saputo però fornire spiegazioni attendibili ed esaustive.

Per me  vale un semplice principio: se sei più forte, devi vincere.

E basta.

Può capitare, per carità, di incappare qualche volta in una giornata negativa, perché no. Ma “qualche volta”, appunto, e non sempre e comunque.

Abbandonando, per scelta, spiegazioni e motivazioni “scontate” del tipo “eccessiva pressione ambientale”, piuttosto che “timore revenziale dell’avversario”, fino a “paura di perdere” o altre amenità simili, credo che le ragioni vere vadano, invece, ricercate altrove e prescindano, a mio modesto avviso, dal livello tecnico di competitività della squadra su cui nessuno, penso, possa opporre il minimo dubbio.

Non credo che manchino le motivazioni. Anzi, quelle abbondano, anche a sentire le interviste rilasciate dai vari protagonisti che si alternano nelle immediate vigilie degli “incontri che contano”. Non credo che manchi la preparazione atletica. Così come non credo che difetti il livello tecnico-tattico della squadra, o quantomeno che esso sia di grado inferiore all’avversario di turno che possa chiamarsi Lecce, Salernitana, Luparoma o Catanzaro.

Non manca neppure, e scusate se è poco, la struttura organizzativa societaria che poco ha a che vedere con questa categoria e che potrebbe essere presa a modello anche da società iscritte a campionati di livello superiore.

E non manca, da ultimo ma non per ultimo, l’abbraccio ed il sostegno caloroso, costante e commovente della tifoseria, sia dentro che fuori le mura amiche.

E’ allora, se tutti gli ingredienti sembrano al posto giusto, perché non si riesce a vincere MAI uno scontro diretto ?

Sarà mica una “questione di testa”?

Temo di sì.

Sfatare un tabù o sconfiggere una sorta di maledizione non è mai stato, e mai sarà, per la psiche umana una questione di poco conto. Perché si realizzi uno “sblocco” emotivo e mentale è talvolta necessario che si concretizzi un avvenimento di portata contraria, qualcosa che vada controcorrente rispetto alla tradizione, qualcosa che inverta la tendenza negativa. A volte anche in modo repentino e violento.

Ma tutto questo non capita per caso. Occorre, infatti, che l’individuo “aiuti se stesso”  e si auto-convinca delle proprie possibilità, delle proprie potenzialità e, soprattutto, della propria superiorità.

Non entro in dissertazioni di natura psicologica, semplicemente perché non ne sono all’altezza; tuttavia sono convinto che se i giocatori del Benevento affronteranno i prossimi avversari “diretti”, cioè le squadre che “sulla carta” sono chiamate a contendergli la vittoria finale, con la tranquillità mentale mista alla consapevolezza di essere più forti su tutto, anche quest’ultimo tabù sarà sfatato e si apriranno scenari diversi.

Del resto sembra proprio che questo sia l’anno delle “controtendenze” e dei tabù sfatati, come per le vittorie esterne di inizio campionato, che mancavano all’appello da cinque anni, così come la testa della classifica alla quarta giornata (seppur in larga compagnia), mai evidenziatasi prima d’ora nella gestione Vigorito ed aggiungerei anche l’imbattibilità per cinque (fin qui) giornate consecutive da inizio torneo.

All’appello, quindi, manca soltanto l’ultimo tabù.

L’occasione per sfatarlo si presenterà tra meno di un mese a casa nostra: e tanto per usare un latinismo tanto caro al loro Presidente, carpe diem, Benevento!

 

Sezione: In primo piano / Data: Gio 25 settembre 2014 alle 15:18
Autore: Andrea Bardi
vedi letture
Print