Protagonista di una lunga e bella intervista per Sportweek, il tecnico del Benevento, Filippo Inzaghi, ha affrontato tanti temi: dalle vittorie con Milan e Nazionale, ai dispiaceri degli esoneri, iniziando però dalla nuova esperienza che lo vede sulla panchina giallorossa.
BENEVENTO – “I primi giorni a Benevento sono stati emozionanti. Un’accoglienza eccezionale, vado al supermercato e si blocca tutto. Io mi nutro dell’amore della gente, è una sensazione appagante. Al Sud non ho mai vissuto, ma so che il calore dei tifosi e il senso di ospitalità sono incredibili. Sono stato quattro mesi senza pallone. Mi sono ricaricato, ho riflettuto, ho analizzato le cose positive e quelle negative. Cercavo qualcosa che mi coinvolgesse e a Benevento ho trovato la scintilla: il presidente Vigorito è un appassionato e mi aveva già cercato in passato. Insomma questo è il posto giusto. A me piace lavorare dove c’è entusiasmo. Non guardo la categoria, ma ho bisogno di avvertire la fiducia. A Benevento la sfida è affascinante perché l’ambiente non è stato guastato da quanto accaduto alla fine della scorsa stagione, con l’eliminazione dai playoff. Hanno tutti una grande voglia di fare ed è la situazione ambientale in cui io e il mio staff rendiamo al meglio. L’obiettivo è di salire in serie A e poi stabilizzarsi in massima serie. E’ un processo graduale, però. Il presidente mi ha chiesto solo di vedere una squadra che lo renda orgoglioso. Poi, ovviamente, vincere piace a tutti. Ma per riuscirci ci vogliono tante componenti. Saremo ambiziosi, con umiltà. Il ruolo da favorito non mi preoccupa, sarebbe inutile nascondersi. Ma non basta essere favoriti. Ci sono altre squadre con le nostre potenzialità: Cremonese, Frosinone, Chievo, Empoli, Perugia, Crotone, Cittadella. E poi ci sarà la solita sorpresa. Io comunque ho quello che cercavo: società forte, squadra forte”.
ETICHETTE – Non la spaventa l’etichetta di allenatore di categoria? “Non mi interessa. Ho vinto in C, ho fatto bene in B, mi manca l’acuto in A, ma non ci sono problemi. In B sono considerato un tecnico importante, in A non ancora, ma c’è tempo. Le etichette dipendono dai risultati. A Venezia vinsi campionato e coppa e dicevano che ero troppo difensivista. Poi sfiorammo la A con un calcio esaltante. A Bologna nel momento difficile ecco l’etichetta di difensivista, etichetta che sarebbe scomparsa se fossi rimasto con i calciatori acquistati a gennaio. Cerco di trovare il vestito giusto alla rosa che ho a disposizione”.
IL CALCIO SECONDO PIPPO – “Voglio tanti giocatori nell’area avversaria, voglio che i centrocampisti s’inseriscano Io dico sempre che l’allenatore migliore è quello che fa meno danni”. Ma cosa significa giocar bene? «Per me significa essere aggressivi, andare in avanti più che indietro, leggere i momenti della gara, avere padronanza di palleggio. Poi ci sono gli avversari… Mi viene da ridere quando mi dicono che mi abbasso quando sono in vantaggio. Mica vorrei farlo, ma se gli altri spingono forte ti costringono ad abbassarti”.
CASA - Prenderà casa a due passi dal campo di allenamento, come al solito? "Sì, anche se a Benevento è tutto vicino. Questa scelta fa parte del mio modo di intendere il lavoro. Non concepisco l’idea di fare una o due ore di macchina ogni giorno per andare al campo. Quando ero alla Juve ci allenavamo al vecchio Comunale e io abitavo in centro, a pochi minuti. Ai tempi del Milan presi casa a Gallarate, vicinissimo a Milanello. Il Venezia si allenava a Mestre e io dormivo a due passi dal centro sportivo e la stessa cosa a Bologna. Questo è uno dei consigli che cerco sempre di dare ai ragazzi: organizzarsi bene, mai avere rimpianti, prepararsi con coscienza sotto ogni punto di vista".
PROFESSIONALITA’ - La sua professionalità è leggendaria, eppure anche lei si sarà goduto la vita. "Ma certo. Però bisogna essere attenti a come ci si svaga. Io ho saputo divertirmi nei momenti giusti, ma anche in quelle situazioni non superavo mai il limite. Se ti alleni bene una settimana e poi nel giorno libero bevi sei birre, rovini tutto il lavoro. Io arrivavo in ritiro sotto peso, perché in vacanza perdevo massa muscolare ma non accumulavo massa grassa. Certo, c’entra anche la genetica. Ma prima di tutto conta la testa. Piuttosto, ho il rimpianto di non essermi goduto nel modo giusto le vittorie. Ma era anche la mia forza: pensavo subito all’obiettivo seguente. Da bambino un sogno ricorrente era festeggiare sul pullman scoperto con un trofeo in mano. Beh, mi è successo con la Champions e il Mondiale”
VITA PRIVATA – “Da due anni sto con Angela. Ci ha fatto incontrare il destino Ai tempi di Venezia sarò uscito in laguna tre sere in due anni. Una di queste sere, dopo la cena, sono andato in un locale con un collaboratore. Lei era lì. Siamo felici, è una delle poche persone che mi sopporta, a settembre mi raggiungerà a Benevento. Amo i bambini, spero di averne un giorno”.
LE ESPERIENZA NEGATIVE – “Tutti i grandi allenatori hanno avuto momenti difficili. Se avessi dei dubbi sulle mie capacità starei a casa e andrei a fare l’opinionista in tv. Allenare è la mia passione. Andare sul campo tutti i giorni mi fa stare bene. E’ un lavoro stupendo, che può darti anche più gioie rispetto a quelle che provavi da calciatore. Non amo molto parlare delle esperienze negative passate perché preferisco guardare avanti. A Bologna mi sono lasciato bene con tutti. Mi dispiace per come è finita, ma sono felice che si sia salvato. Ne approfitto per mandare un abbraccio a Sinisa (Mihajlovic n.d.r.), a cui ho mandato un messaggio privato. Questi sono i problemi della vita, non gli esoneri”.
ESORDIO UFFICIALE CON IL MONZA DEL CAVALIERE E DI GALLIANI – “A fine luglio ho chiamato Galliani per gli auguri di compleanno. Era con Berlusconi e me l’ha passato. Ogni volta è un viaggio nel tempo e una scarica di entusiasmo. Ci sarebbero tanti aneddoti ma mi piacere ricordare quando giocavo il Trofeo Berlusconi con la maglia della Juve, il Presidente e Galliani venivano da me e mi dicevano: “Pippo, devi venire al Milan. Con te vinceremo tutto, ci servono i tuoi gol. Anche loro, come me, non possono stare senza pallone. Spero che il Monza arrivi presto in Serie A”.
IL TEMPO CHE PASSA – Pippo, si trova cambiato? “Se mi guardo allo specchio, purtroppo sì: ho i capelli bianchi. Ma se mi guardo dentro, sono sempre io. Io che gioco in mansarda con Simone con una palla fatta di stracci; io nel campetto vicino casa; io negli stadi più belli del Mondo; io in panchina. Il tempo passa, qualcuno mi chiama ancora bomber, ma io sono Pippo, il Pippo di sempre, innamorato del pallone”.
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