Manca poco a Natale, la festa per “eccellenza” nel mondo cristiano, una parola quasi magica che per me vuol dire famiglia, affetti, tradizione. Natale, già, con le sue luci, l’eccessivo ma anche piacevole sfarzo, la convinzione di ognuno che, in questi giorni, si può essere diversi, anche migliori. Giorni durante i quali sembra quasi che ognuno di noi voglia anestetizzare tutti i problemi, gli affanni della quotidianità. Congelare la realtà per vivere qualche ora nel sogno di un infanzia che per alcuni è passata troppo in fretta, o non è mai finita? A "Natale si può", come recita anche la pubblicità di un buonissimo pandoro…

Natale può essere anche il momento per “fermarsi”, e riflettere un po’, riordinare i pensieri, organizzarsi e programmare ciò che verrà, poi, con l’anno nuovo. E non ci sono pensieri “nuovi” che non facciano riaffiorare ricordi. Iniziano così ad aprirsi “cassetti” ricolmi di essi, conditi dalle inevitabili emozioni che come per magia si rifanno palpabili, quasi a volerci far rivivere pienamente quanto meravigliosamente vissuto.

Io provengo dalla categoria sociale (e generazionale) del poco o nulla. La mia infanzia e l’adolescenza vissute senza troppe possibilità ma ugualmente felici. Si, allora eravamo “ricchi di noi”, di valori veri, di legami forti e rimasti solidi e immutati nel tempo. Io non chiedevo e neppure desideravo per due motivi: primo, perché "non potevo", e secondo perché davvero sentivo di non aver bisogno di nulla. Ricordo che i giorni prenatalizi, liberi dalla scuola andavamo in giro imbacuccati a guardare vetrine ricolme di ogni ben di Dio, ma mai che io abbia desiderato davvero qualcosa da non potervi rinunciare. Sentivo di avere già tutto e, provo ancora la stessa sensazione, quel luccichío eccessivo non mi apparteneva e non m’appartiene. Il giochino o l’automobilina che avrei trovato ai piedi del letto da bambino o la mille lire (!) nella classica busta, quando ero già un ragazzotto, era tutto quanto potessi desiderare, da gestire poi gelosamente, perché frutto del sacrificio dei miei genitori, o dei nonni. Natale era il presepe, la tombola, lo stare seduti tutti insieme intorno a tavolate infinite. La festa della famiglia, ma quanti eravamo? Intense ed irripetibili emozioni.

Per quest’anno, voglio osare, ho pensato di chiedere qualcosa a Babbo Natale. No, non per me, io non sono cambiato. Se credo nel rubicondo e barbuto uomo che dimora al Polo Nord? Certo che sì! Non crederci, in fondo non è che mi farebbe star meglio… Ho in mente qualcuno a cui farebbe davvero bene ricevere almeno un dono.
Iniziamo dai tifosi giallorossi: vorrei qualcosa che possano condividere. Impensabile un regalo per ognuno, di loro, dovranno accontentarsi. E poi, immaginate di dover scegliere un maglione per ognuno, solo per fare i pacchetti ci vorrebbero tonnellate di carta e nastrini! No, invece avrei pensato a qualcosa di immateriale ma concreto. Ecco, una grande gioia (finalmente), andrebbe benissimo, di quelle che non si dimenticano più, che fanno crescere a dismisura l’orgoglio, il senso d’appartenenza. Una gioie di quelle che si tramutano in storia, da raccontare poi ai nipoti. Lo meritano, e poi non credo che desiderino altro. Un bellissimo e "unico" pacco regalo, da scartare insieme, magari a primavera inoltrata… Capito Babbo Natale?

Poi, avrei pensato ad Oreste Vigorito. Cosa chiedere per lui a Babbo Natale? Un libro, una bottiglia di buon whisky “Dalwhinnie” invecchiato, la consueta stilografica “Montblanc” con il pennino d’oro? Ma no, troppo banale, e poi immagino che ne abbia casa piena, per non parlare dell’ufficio. No, serve altro. Per capire cosa potrebbe fare al caso, devo provare ad immaginarmi l’uomo Vigorito, non il capitano d’azienda e neppure il presidente. E allora, mi sovviene quanto debba pesargli, ogni mattina alzarsi e svolgere il ruolo che gli compete. Da solo, lui è responsabile, morale ed economico, di centinaia di famiglie, di una macchina economica particolarmente complessa. Tutti gli chiedono, ognuno per il suo ruolo attende che lui faccia o decida. Tutti a chiedergli sempre il massimo, quasi a pretendere che egli sia sempre al cento per cento. Il regalo più bello per lui potrebbe essere una settimana da persona normale, libero. Da uomo libero (da particolari responsabilità), che può chiedere a sua volta, perché possa esternare liberamente i sentimenti senza badare al suo ruolo o alla forma. Libero di avere reazioni emotive, di poter inviare mail ai giornali e criticare a destra e a manca, libero di andare allo stadio e sedersi in Curva Sud, con il suo sacchetto di semi e ceci in tasca, a criticare l’allenatore o “il Presidente” che non compra, che non vende, che non esonera… Una settimana a pensare cosa potrebbe fare se fosse lui il Presidente... E’ troppo? Beh, effettivamente credo che lo sia. E poi a lui basterebbe solo spontanea e sentita gratitudine da parte di tutti i tifosi del Benevento, l’apprezzamento per i sacrifici che compie alla guida di una società di capitali in un momento a dir poco difficile. Basterebbe un applauso prolungato dei suoi tifosi, una volta ogni tanto. Ma anche questo forse è chiedere troppo... Babbo Natale, pensaci tu, se proprio non puoi, portagli un sacco colmo di pazienza. Formato extra però.

Quasi quasi, trovandomi, voglio andare oltre: chiederò anch’io qualcosa. Però, pensandoci, non desidero nulla di materiale, concretamente. In effetti è la stessa sensazione di quand'ero ragazzino. E poi, avere poco o nulla ha il suo bel lato positivo. Quale? I sogni, le speranze, i desideri abbondano e mi fanno sentire vivo, aiutano a combattere contro le difficoltà. Potrei chiedere tante cose ma preferisco, alla fine, non chiedere nulla. Ho paura che, ottenendo qualcosa, smetterei di inseguire quello specifico sogno. E allora? Caro Babbo Natale, facciamo così. Tu lascia stare ciò che io ti ho chiesto prima. Leggi soltanto le letterine dei bambini e, se puoi, accontentali. Noi, adulti, possiamo anche continuare ad aspettare che arrivi il nostro momento, che la fortuna qualche volta ci dica sì. Nel frattempo continuiamo a sognare e a sperare che "quel dono", un bel giorno, ci venga recapitato. Non sbagliare indirizzo, mi raccomando.

Buon Natale e passa a trovarci, sapremo accoglierti nel migliore dei modi, anche se verrai a mani vuote.

 

Sezione: In primo piano / Data: Sab 20 dicembre 2014 alle 15:00
Autore: Marcello Mulè
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