Continua, inarrestabile, la marcia solitaria della capolista. Di aggettivi per descriverne le caratteristiche, quali "cinica" , "spietata" , "cattiva" e "determinata, si è  fatto, da più parti,  uso ed abuso. Ma non riesco, sinceramente, ad evitare di riproporli, anche a costo di cadere nella ripetitività. Se è vero che un solo indizio non costituisce prova, quando circostanze e situazioni  tendono, tuttavia,  a ripetersi con puntualità e costanza, ecco che finiscono inevitabilmente per assurgerne a rango.

Aversa prima, Lamezia poi,  ad ultimo Caserta: ecco i tre indizi che costituiscono la prova certa ed inconfutabile che  il Benevento è, davvero, una squadra cinica, spietata, cattiva e determinata. Aggiungiamoci anche "forte" . Perché altrimenti partite come quella di domenica non si potrebbero vincere.

Mai.

Qualche "attento osservatore"  potrebbe suggerirmi un altro aggettivo: fortunata.

Eh, già , perché domenica, in fin dei conti,  la traversa ha graziato per ben due volte la Strega.

Vero.

Ma le traverse  possono aiutare, così come possono svantaggiare. Tremano ancora,  ad esempio,  i legni trasversali colpiti per ben due volte in rapida successione da Eusepi in quel di Barletta. Peccato, però, che all’epoca, quello stesso attento osservatore non abbia attribuito quel favorevole  aggettivo alla squadra pugliese, bensì  l’opposto del medesimo ai giallorossi, verso i quali la dea bendata  non disdegnò, nell’occasione, di voltare le spalle.

Questione di sfumature o di punti di vista.

Se, poi,  possa definirsi fortunata una squadra che perde per infortunio e per un periodo di media/lunga degenza il portiere, il forte difensore di fascia, un esterno e due centrali di centrocampo dai "piedi buoni" (di cui uno, Doninelli, per l'intero campionato e l'altro, De Falco,  non si sa per quanto tempo ancora stante l'alone di mistero che sembra circondarlo),  tutti considerati titolari  nelle gerarchie di mister Brini, allora sì che ha ragione l'osservatore : il Benevento è una squadra fortunata.

Il calcio anzi, il “pallone” (perché il “calcio”, nell’accezione vera, è prerogativa di altre categorie), è fatto per lo più di episodi. Vi sono momenti in cui questi ti  favoriscono, ed altri in cui ti penalizzano. E non è detto che, tirate le somme, alla fine vi sia una sorta di compensazione tra gli uni e gli altri. Non credo di dire un’eresia  asserendo che il Benevento Calcio  non possa assolutamente considerarsi, allo stato attuale, in posizione debitoria nei confronti della fortuna. Al contrario,  vanta un credito piuttosto consistente verso la “dea bendata”, la quale domenica scorsa ha soltanto iniziato a pagare, diciamo così,  gli “interessi di pre-ammortamento” sul suo debito.

Concordo, poi,  pienamente con Mister Brini quando dice che la fortuna bisogna anche sapersela meritare. Audentes fortuna juvat, recitava Virgilio nell’Eneide; la fortuna aiuta chi osa e il Benevento, mai come quest’anno, osa.

Osa sfidare tutto e tutti. Osa sfidare la malasorte che sembra divertirsi ad arricchire il reparto infermeria; osa sfidare l’avversario di turno con rabbia, fame  e determinazione, a volte sembrando fin troppo sfrontato ed irriguardoso nel concedergli margini di manovra forse eccessivi, alla stregua di un pugile che, consapevole della propria superiorità e della propria forza, indietreggi sul ring ed inviti, sprezzante, l’avversario a farsi avanti per poi sferrargli, al momento opportuno, il colpo del KO;  osa sfidare il selezionatore arbitrale,  che insiste nel propinare arbitraggi “non all’altezza” della situazione; osa, infine, sfidare se stesso (che è, e resta,  l’avversario più difficile e pericoloso di tutti).

Tutto questo osare non sarebbe, però, possibile senza che alla base vi sia  il “gruppo”, che sembra cementarsi di giornata in giornata, grazie alla continuità dei risultati e, soprattutto, alla spirito che anima, quest’anno, i ragazzi della rosa, tutti pienamente consapevoli di essere parte integrante e fattiva del progetto e a sostenersi ed aiutarsi reciprocamente, anche fuori dal campo.

Un gruppo unito per far fronte all’occasionale mancanza  del singolo la cui coesione, però,  qualcuno dall’esterno  cerca disperatamente di minare, per quanto possibile, diffondendo ad arte notizie ed informazioni false e destabilizzanti (il riferimento al caso Mazzeo- Salerno ed a quanto riportato dall’immancabile giornalaio locale ben informato, prontamente smentito  dal diretto interessato,  è puramente “voluto”).

Siamo alle solite. Cambiano gli interpreti (giornalai, appunto), ma non, purtroppo, la commedia.

La dodicesima giornata appena conclusa conferma quanto avevamo pronosticato, e cioè che le prime della classe avrebbero continuato a fare il vuoto alle loro  spalle; di esse Benevento e  Salernitana avrebbero, addirittura, approfittato dei rispettivi scontri diretti per liberarsi di terzi incomodi e ridimensionare, così,  le loro ambizioni. La capolista e la quinta sono separate da ben sette punti; di questi ben tre separano la zona play-off (che appare, ormai, blindata alla “quattro sorelle” che si giocheranno la promozione diretta), dal resto della squadre partecipanti.

Il Benevento, però, fa sul serio e la sua marcia inarrestabile potrebbe, alla lunga, scoraggiare le inseguitrici.

Credere di aver “afferrato” finalmente il fuggitivo (anche se per una notte o soltanto per poche ore)   per poi vederselo scivolare via tra la mani come una saponetta, determina infatti, su colui che insegue, un inevitabile  senso di impotenza e  frustrazione che, alla lunga, potrebbero indurlo alla resa .

Così come, di converso, riuscire a tenere alla larga l’inseguitore  determina, nel fuggitivo, un senso di potenza ed invincibilità.

Voglio credere, e sperare, che continui così.

E’ troppo bello restare lassù.

 

Sezione: In primo piano / Data: Mar 11 novembre 2014 alle 16:55
Autore: Andrea Bardi
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