Forse esagererò (anzi, togliamo pure il forse),  ma la vittoria  maturata ieri sera sul terreno del Vigorito, destinata a restare impressa nella memoria e nei cuori dei malati di Strega (categoria di degenti cronici affetti da malattia genetica incurabile) ha pieno titolo ad essere annoverata negli annali del calcio giallorosso alla  categoria "imprese".


Qualcuno storcerà di sicuro il naso. Come dargli torto? In fin dei conti la capolista giocava in casa una partita contro un modestissimo avversario, invischiato nella lotta per evitare gli spareggi retrocessione, alla totale assenza di propri sostenitori (tranne qualche sparuta rappresentanza in tribuna, più che altro familiari).  Come ti viene di definirla impresa ?
Non è una novità, lo andiamo dicendo da tempo, che il Benevento avrebbe dovuto disputare tante finali  per quante partite restassero fino alla fine della stagione. Ma non credevamo, in tutta onestà, di essere presi così in parola ! Soprattutto da parte di una squadra di calcio, il Melfi,  che, almeno fino ad oggi, non aveva dimostrato sul campo la rabbia  agonistica e la concentrazione proprie di un atteggiamento orientato all'ottenimento del massimo risultato sportivo.

Non occorre andare, poi, di molto indietro nel tempo; basta semplicemente riferirsi all'ultima uscita casalinga dei lucani contro la vice-capolista al cospetto della quale l'undici di Bitetto era parsa particolarmente docile e remissiva, forse anche troppo. Ma li avete visti? Sembravano indemoniati. Pressing asfissiante a tutto campo, aggressione alta sui portatori di palla, tre uomini su ogni pallone, velocità e corsa. Il tutto condito da un atteggiamento provocatorio (e a volte irridente) messo in atto con il chiaro intendimento di suscitare reazioni nervose nell'avversario. In pratica la classica "trappola" procura-cartellini, utile  per le proprie e (a questo punto perché non sospettarlo) per le altrui future ragioni.

La cosa che più mi preoccupa e che, allo stesso tempo, mi lascia pensare, è che a manifestare pubblicamente dissenso per questo atteggiamento da parte degli avversari sia stato un uomo notoriamente posato,  misurato  e navigato come mister Brini, raramente incline a suscitare polemiche con proprie affermazioni. Se a farlo fosse stato un Pincopallino  qualsiasi, infatti, non mi sarei preoccupato più di tanto; ma se a parlare così è  il tecnico marchigiano, ragazzi, vuoi vedere che sotto sotto dovremmo preoccuparci davvero?

Questo non preventivato fattore di complicazione si è, per così dire, aggiunto a quelli  già di per se' insiti in tali tipologie di partite ed ha messo in evidente, ulteriore difficoltà i giocatori giallorossi, soprattutto dal punto di vista nervoso ed emotivo.
Non bastasse, ci si è messo anche l'arbitro (ed i suoi assistenti), capace di sfoderare una prestazione ai limiti dell'indecenza. Non so quanti altri, al suo posto, sarebbero riusciti a fare di peggio; probabilmente neanche il suo compaesano Cifelli , oppure  il molfettano Illuzzi, tanto per citare due edificanti esempi tristemente noti all'ambiente giallorosso .  Calci di punizione letteralmente inventati a favore della squadra avversaria da  uno dei quali sono, tra l'altro, scaturiti il gol del momentaneo pareggio ed un' ammonizione, ingiusta, per Lucioni. Falli subiti dai calciatori sanniti  su cui il fischietto  termolese   sorvolava con chirurgica regolarità. Che dire, poi, della chicca  dell'espulsione ritrattata, cosa mai vista, a mia memoria, prima d'ora sui campi di calcio!  Speriamo che Macalli tenga fede ai propri impegni e mantenga la sua parola, nel senso che si adoperi per mettere a definitivo riposo questi incapaci degni, forse, di arbitrare soltanto tornei intersociali . Non a caso li ho definiti incapaci, perché non penso assolutamente che si tratti di malafede o,  peggio ancora, di interventi dall'alto. Se così fosse stato, infatti, la giacchetta nera avrebbe avuto anche  occasioni, nel corso della partita, per danneggiare ingiustamente la Strega, magari concedendo il calcio di rigore (inesistente) invocato dal cascatore melfitano nel corso del primo tempo, oppure semplicemente non estraendo il cartellino rosso che poi ha reintrodotto nel taschino rimangiandosi la decisione già presa.

Tutta questa serie di fattori e circostanze straordinarie hanno trasformato quella che doveva essere una partita tranquilla in una vera e propria impresa. Perché il Benevento ha dovuto lottare contro tutto e contro tutti, e si è dimostrato, alfine, più forte di tutto e di tutti.
Più forte dell'avversario, più forte dell'arbitro, più forte del Palazzo, più forte del cronometro che scorreva inesorabilmente, più forte degli....occhi!
E poi, diciamolo pure, a partire dall'ottantesimo minuto, il Benevento ha giocato in superiorità numerica perché in campo, a spingere dentro quel maledetto pallone,  è entrato il dodicesimo uomo: la Curva Sud (che ha trascinato, a sua volta, TUTTO LO STADIO) che non ha mai smesso per un solo istante di incitare e sostenere i propri beniamini.  Anzi, ha addirittura alzato ancor più la propria voce, nonostante le corde vocali fossero, ormai, allo stremo.
E' la vittoria più bella, ottenuta dopo aver sofferto, combattuto e lottato tutti e dodici messi insieme
E alla fine nessuno voleva distaccarsi dall'abbraccio  reciproco. Nessuno voleva lasciare il Vigorito. Nessuno voleva tornare a casa. Troppo bello gridare. Troppo bello saltare.
La capolista se ne va.
Ma dobbiamo continuare a soffrire, combattere e lottare tutti e dodici messi insieme.

Adesso, però, stiamo tutti  calmi e tranquilli. Non è successo niente. E'soltanto una delle tante prove  generali della grande festa. 

Sezione: PUNTI DI VISTA / Data: Dom 22 febbraio 2015 alle 13:45
Autore: Andrea Bardi
vedi letture
Print