“Amore prenotami una visita, oggi ho scoperto di soffrire di allucinazioni, la cosa è grave credimi….”. La telefonata con mia moglie, tirata giù a fatica con quel poco di voce rimasta, arriva allo scoccare delle 3 di un pomeriggio surreale. Il tutto mentre mia madre tira fuori la pasta al forno tenuta amorevolmente al caldo, alla faccia della Lega, di Sky e di questi orari assurdi. Lei, la mia dolce metà, vittima dell’ennesima domenica con annesso abbandono del tetto coniugale, frutto di questa imprevedibile traversata giallorossa in serie A, dall’altro capo del telefono sorride, mi asseconda, e mi dice: “Va bene, va bene…al dottore gli diciamo che è la sindrome da primo punto, non ti preoccupare”. “Sì, sì scherza tu, io qua sto rovinato, non puoi capire…qua sono allucinazioni gravi, pesanti, roba da non credere…”. Niente da fare, non la convinco, io sono nel panico e lei se la ride. Così butto giù questa pasta senza però trovare pace, mentre la pioggia comincia a bagnare le strade di questa città esausta, stravolta e felice, un pioggia che lava le ferite di queste 14 sconfitte di fila, 15 se ci mettiamo anche la Coppa Italia, spazzando via questi mesi così somiglianti a uno snervante labirinto apparentemente senza via d’uscita. Apparentemente, appunto…
Eppure era iniziata come sempre: con il sabato del villaggio del solito stuolo di adepti dello squadrone nordico, trepidanti e adoranti, nel solito spiazzo di via dei Mulini, in attesa del torpedone dei miracoli con annesso carico multimilionario, con tanto di tappeto rosso e petali di rose. Nulla che non si sia già visto e che (temo) si vedrà sicuramente quando l’anno prossimo caleranno gli assi vestiti di azzurro e di bianconero…eppure stavolta c’è la ciliegina sulla torta, lo sfavillante striscione del Milan Club Benevento, perché poi la grazia calcistica della serie A piovuta fin quaggiù capita anche che può essere pane per chi non ha i denti. E di sdentati a Benevento, di ogni colore, pare ce ne siano parecchi. Peggio per loro, non sanno che si sta stanno perdendo…e che dire della passeggiata mattutina per arrivare allo stadio, condita dal faccione sorridente di qualche simpaticone di passaggio: “Ma che andate a fare, io me ne vado a casa a mettere i piedi sotto la tavola…”. Bene, buon appetito e saluti alla signora, verrebbe da dire. Noi invece al campo (come si diceva una volta) ci andiamo eccome, perché di là ci sono i più titolati al mondo (ma sarà ancora vera questa cosa?) e costringerli a sorbirsi due ore della micidiale umidità beneventana ci dà un gusto che sa persino di rivalsa sociale.
Ma tutto congiura in una direzione, compresi i soliti, immancabili stravolgimenti di formazione. Non fai in tempo a pensare che sì, il cubano di Goteborg è uno che in serie A ci può stare che finisci con lo smadonnare perché non lo trovi manco in distinta, al pari di Ciciretti, Iemmello e chi più ne ha più ne metta. Vabbè, tanto quest’anno si è capito, mettiamoci il cuore in pace, vada per la quindicesima e non ci pensiamo più. Dagli scaffali i magazzinieri hanno tirato giù ancora una volta la divisa nera, che di giorno non è il massimo dell’eleganza, mentre il Diavolo si veste inopinatamente di bianco…vabbè, adesso ci appelliamo ai giochi cromatici, qua la minestra è sempre la stessa: Parigini si mangia l’impossibile, Bonaventura mette dentro un gol da film horror, il solito, puntuale, immancabile gol da polli. Gattuso riprende un po’ di colore, il fegato dei 15mila sanniti si avvia al solito carico di bile settimanale. Il gol dal sapore di derby dell’interista Puscas è la rabbia di chi non ci vuole stare, il salto in beata solitudine di Kalinic è la sentenza più infame della domenica, infame come il calcio d’angolo da cui nasce, fasullo ma così fasullo che se ne è accorto pure l’omino che nei distinti vende i semi e dà costantemente le spalle al campo, ma non il fenomeno con bandierina che sta lì a due metri. Vabbè, abbiamo capito, non c’è bisogno che ce lo ripetete ogni volta: la serie A nunn’ è cosa nostra e buttiamo giù il “Tornerete in serie B” dei soliti avellinesi, foggiani, casertani, per l’occasione diventati d’incanto tutti milanesi della Bovisa.
Ma stavolta è diverso, il Milan sembra un negozio cinese (non a caso…) una accozzaglia di merce buttata lì senza criterio e all’ora di pranzo in Italia, della cena in Cina ecco che parte la mia personale allucinazione. All’improvviso guardo verso il tunnel degli spogliatoi e chi vedo sbucare? Una Strega bellissima, ammaliante, fasciata in un tubino nero super sexy, che non lascia nulla all’immaginazione, uno spacco vertiginoso, autoreggenti nere e tacco 12, uno schianto in poche parole. Col suo cappello nero e le labbra voluttuose entra in campo e con passo regale va decisa verso l’esterrefatto Brignoli, lo avvinghia a sé in un abbraccio caldo da femme fatale e in un orecchio, con irresistibile sensualità, gli sussurra: “Dai Alberto, è’ il nostro momento, devi essere mio….o’ famo strano!!!”. L’uomo è uomo si sa, nelle vene scorre sangue, non acqua minerale: Alberto va in trance, non si tappa le orecchie come Ulisse e cede senza condizioni…gatton gattoni si avvicina al campo nemico, entra di soppiatto e come un Paolino Pulici anni ’70 asseconda le strane voglie della Strega e sì, lo fa strano, così strano che manco nel manuale del Kamasutra c’è traccia di quello che ha combinato. All’improvviso vedo sorgere dal fossato della tribuna un enorme albero di noce e lì sotto il popolo giallorosso si ammassa in un abbraccio liberatorio, lasciandosi andare alla gioia più pagana e dissacrante che ci può essere.
Un punto e può essere delirio, un punto e quei gradoni diventano di nuovo incandescenti, un punto e i 400 chilometri fatti per venire da Bari e i 600 dell’amico Luigi da San Benedetto del Tronto evaporano in mille bollicine di felicità pura, un punto e la Serie A ci sembra d’improvviso il paradiso terrestre, un punto e il pieno di benzina nel motore del nostro entusiasmo è bello e fatto, un punto e il nome di questa città magica e imperscrutabile nel giro di un quarto d’ora scarso fa due volte il giro del mondo, un punto e negli occhi di qualche tifoso rivedi le lacrime del gol di Campagnacci col Catania, di Ceravolo col Frosinone, di Puscas col Carpi, un punto per mandare al diavolo la favoletta dei fessacchiotti che fanno tanta tenerezza, un punto per mandare a quel paese gli “Osvaldo” e i “Pietralcina, un punto e capisci che no, questo incredibile, pazzesco, inenarrabile 2017 giallorosso non poteva finire così, un punto per guardarci negli occhi e dirci che, in questa meravigliosa allucinazione collettiva, può immergersi solo chi nel sangue, insieme al rosso, ha tracce di giallo e che questo oggi è un privilegio che tocca solo a noi, a noi beneventani che siamo in questo stadio…sì, ma quella sventola di Strega dov’è finita? Sparita nel nulla, nella confusione l’ho persa di vista, ci ha sedotto e abbandonato, se ne è andata di soppiatto dopo averci regalato questo orgasmo giallorosso, con un sorriso sadico e malizioso stampato sulle labbra, felice solo di averci tutti ai suoi piedi. Eh già, altrimenti che Strega sarebbe…
VISTO DA EST tornerà mercoledì prossimo 13 dicembre, come sempre FORZA BENEVENTO, ad Udine con orgoglio e determinazione !!!
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