“Ho detto ai ragazzi che rischiano di passare la Notte di Natale in mia compagnia, chiusi qua dentro….”, la battuta semiseria (che sa tanto di sinistra previsione) del presidente Vigorito, arriva un’ora prima della partita, ai microfoni di un intervistatore che lo invita a svelare le parole con cui ha intrattenuto i suoi giocatori nell’immediato pre-partita. Arriva mentre là fuori i gradoni dello stadio, sferzati da un vento freddo, vanno riempendosi per l’ennesimo, encomiabile atto di fede cieca ed incrollabile del popolo giallorosso e l’oscurità è scesa da un pezzo. Oscurità accompagnata da una cappa pesante, anzi pesantissima: i risultati della altre presunte concorrenti nella lotta salvezza, una specie di mazzata sui denti dolorosissima, perché oggi gli operai della parte destra della classifica si sono ribellati ai padroni e il cerino (o il cetriolo, fate voi…) è tutto nelle mani della Strega giallorossa. Che, secondo consuetudine, va nel pallone più completo, come il ragionier Fantozzi nel finale della partita scapoli-ammogliati tra colleghi di ufficio: salivazione azzerata, sudorazione a mille e visone mistica di San Pietro sulla traversa della porta di Gomis. In parole povere un autentico disastro, con la differenza che stavolta ha il sapore amarognolo e indigesto dei titoli di coda.
Come al solito l’aperitivo all’arsenico lo offre mister De Zerbi, che manda in panca Brignoli (ormai incontrastato idolo delle folle interiste…) per rispolverare i guantoni di Belec, disperso da due mesi nelle nebbie del cambio in panchina. “Non l’ho visto tranquillo in settimana…”, sarà la spiegazione post-partita nella sala stampa e c’è da credergli…vuoi vedere che il boom di vendite della maglietta verde numero 22 allo store giallorosso non abbia dato alla testa al ragazzo? Nel dubbio vai con la panca…Più tranquilli, (forse un po’ troppo, al limite del rilassamento…) devono essere apparsi al mister, noto ex guidatore di Ferrari, i vari Di Chiara, Cibsah, Costa, Armenteros, tutti non solo meritevoli di andarci in campo e anche di restarci a lungo, molto a lungo, troppo a lungo. La partita è roba da alta serie C, altro che serie A e il tuffo nel recente passato è anche un tuffo al cuore. Da una parte la Spal una minima idea di squadra a occhio e croce la dà, il Benevento non ci pensa proprio, vive di strappi e di umori, di accelerate e di isterie, errori e fiochi barlume di luce solitaria, nulla, ma proprio nulla che queste 16 giornate di via crucis (pardon, di campionato) non ci abbiano già mostrato in tutte le salse possibili e immaginabili e di cui francamente cominciamo ad avere solennemente le scatole piene. Il jolly del gol trovato per caso viene incenerito da Floccari, il vecchio bomber di esperienza con una marea di A alle spalle, esattamente il tipo di giocatore da cui ci siamo tenuti pervicacemente e ostinatamente alla larga nell’enigmatico e imperscrutabile mercato estivo, quello del diesse in bermuda e del presidente in vacanza, tanto per intenderci. E il fischio di Pasqua, che sei mesi fa fu il detonatore alla festa giallorossa più epica di tutti i tempi, assomiglia molto ai rintocchi delle campane il Venerdì Santo. Chissà forse era destino che fosse proprio lui, l’arbitro di Nocera Inferiore, l’ostetrico e il becchino della nostra serie A.
Il Titanic affonda, fa acqua da tutte le parti, l’iceberg della serie A ha causato danni insostenibili ma il capitano resta orgogliosamente al timone della nave. Non poteva essere mister De Zerbi a cambiare questa squadra e il destino di questa stagione e infatti non ha cambiato né l’uno né l’altro, non andandoci neanche vicino per la verità. Il suo merito (o colpa, fate voi…) è stato quello di essere uno dei pochi, se non l’unico, a tenere lo smartphone acceso in quei giorni da incubo in cui il casting per la panchina del Benevento era probabilmente finito in un vicolo cieco. Lui ha risposto, ha detto sì sapendo a cosa andava incontro, conoscendo perfettamente il materiale umano a disposizione e le difficoltà pressochè insormontabili che lo attendevano. Chiaro (e anche legittimo per carità…) che lo abbia fatto soprattutto per rilanciare le proprie ambizioni personali, rientrare nel giro al massimo livello, necessità che ad esempio un Reja qualsiasi, tanto per fare un nome a caso, non credo avvertisse.
Ma come è possibile che il 17 dicembre, dopo 17 giornate di campionato, la serie A del Benevento sia praticamente su un binario morto? Come è possibile che in scena debba andare una devastante retrocessione già scritta a quattro mesi dall’inizio del campionato, ammesso che questo campionato sia mai realmente iniziato per il Benevento? Perché questa società deve entrare nella storia del calcio dalla parte sbagliata, restando negli annali per una serie di record negativi praticamente ineguagliabili? Perché l’effetto simpatia verso quelle magliette giallorosse si sta trasformando in uno sfottò senza soluzione di continuità, ai limiti della derisione, da subire senza poter opporre uno straccio di argomento? Già, perché….
Bisognerebbe riavvolgere il nastro e rivedere, come in un cortometraggio d’autore, tutto quello che è andato in scena dal 9 giugno in poi, il day after, quella meravigliosa mattina in cui Benevento ed il Sannio si sono risvegliati, ancora increduli, in serie A. E dentro quel cortometraggio ci ritroveremmo di tutto. Ritroveremmo “un noi non saremo satelliti di nessuno”, che sa tanto di guanto di sfida troppo ardito per una matricola appena arrivata al tavolo del grande calcio direttamente dal retrobottega, ritroveremmo un “in serie A faremo parlare di noi” che ora sa tanto di beffarda lungimiranza, ritroveremmo che “il nostro modello sono il Chievo, il Sassuolo, l’Udinese”, società in cui direttori generali e direttori sportivi hanno in mano le redini di progetti veri, mentre da noi, che abbiamo capito tutto, “i direttori non servono perché poi i soldi li mettono i presidenti” e, infine, ritroveremmo l’ennesima estate in cui il nome di Pierpaolo Marino ( sempre per fare un nome a caso….) è volteggiato sulle nostre teste come una chimera puntualmente imprendibile.
E ora? Ora restano mille decisioni difficili da prendere…cosa fare di quest’allenatore, cosa fare di questi giocatori, cosa fare del mercato di gennaio. Decisioni delicate che potranno influire pesantemente e sin da ora sulla prossima stagione. Eppure il cruccio è sempre lo stesso: possibile che questo campionato da incubo non abbia insegnato niente, possibile che il volto funereo dei diecimila di domenica all’uscita dallo stadio non cambi le cose, possibile che queste decisioni debbano essere prese da una sola persona senza il supporto di chi, in quel mondo e a quei livelli, ci ha trascorso una vita, proprio come avviene nelle altre 19 società di serie A? Possibile e ripensandoci bene ho la netta sensazione che la sceneggiatura del malinconico cinepanettone di questo Natale giallorosso nasca tutta da lì, chissà...
VISTO DA EST tornerà mercoledì prossimo 27 dicembre, come sempre FORZA BENEVENTO, ma soprattutto un caloroso augurio di BUON NATALE a voi e alle vostre famiglie!!!
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