Certe volte la puzza di bruciato la avverti nell'aria e certi infausti segnali li cogli quasi inconsapevolmente. La settimana pre-derby con la Salernitana era scivolata via tra attestati di rispetto tra le due tifoserie ed un sold out di duemila biglietti su sponda beneventana già consumato all'ora di pranzo del martedì. Tutto troppo perfetto per essere vero. Eppure le previsioni da allerta meteo regionale e quei 40 anni esatti di digiuno giallorosso nella terra di Arechi una prima pulce nell'orecchio l'avevano già messa. Ma è stato il lungo post pranzo domenicale consumato nella snervante attesa delle 5 della sera a lanciare i seguenti sinistri scricchiolii, citati in rigoroso ordine cronologico: la prima, rocambolesca sconfitta del Matera di Auteri (anche lui imbattuto dal famoso 20 dicembre 2015), il ko interno dello Spezia, unica imbattuta del campionato insieme alla Strega e la circostanza che delle prime 6 della classifica nessuna avesse ottenuto bottino pieno, nemmeno il presunto schiacciasassi Verona.

Il “non è vero ma ci credo” di defilippiana memoria ha cominciato a frullarmi pericolosamente in testa, insieme a quel mostro fastidioso della “legge dei grandi numeri”, che non sta scritta in nessun codice ma che nel calcio lo avverti che sta per far sentire i suoi effetti. “No, non può essere”, mi dico assumendo il monopolio assoluto della tv di casa “ adesso Dragon Ball, lo Zio, la Belva e tutti gli altri mi dimostreranno che è solo un mio personalissimo tarlo”. Manco a dirlo...e come volevasi dimostrare, partono i 45 minuti più bislacchi da quando il Benevento è in B, dal sogno all'incubo. Succede che la difesa di granito prende due gol da calcio d'angolo con due maglie granata che calciano a rete nell'area piccola indisturbate, con annesso primo piano di Gori con la faccia stravolta che probabilmente starà pensando: “ Ma proprio quando in porta gioco io mi fate sto bidone!!!”...c'è poco da fare, stavolta neanche se Cragno avesse marinato l'Under 21 mimetizzandosi tra gli storici filonari imboscati in Villa Comunale (...almeno ai miei tempi si andava lì, ora non so), avrebbe potuto metterci una pezza. “Felipe è un 97 scuola Lazio alla sua seconda partita in B”, precisa l'inappuntabile voce Sky Maurizio Compagnoni...un difensorino di 19 anni che neanche doveva giocare decide il derby facendosi beffe della difesa di ferro...quanto basta per arrivare a una mia personale sentenza per direttissima: non la riprendiamo più, manco se giochiamo fino a mezzanotte. La traversa di Ceravolo è solo il timbro ufficiale ai cattivi pensieri che mi ronzano fastidiosi nelle orecchie come le fameliche zanzare di agosto.

Pazienza, detto che il primo tempo entra nel manuale dal titolo “La paura nel calcio esiste e non si capisce il perchè” e che i 10 minuti trascorsi all'inizio del secondo tempo per buttare dentro Cissè restano un mistero insoluto, non ho alcuna intenzione di prendermela più di tanto: la classifica è ancora uno spettacolo che infonde fiducia al solo guardarla e poi c'è la reazione del secondo tempo, quando finalmente la Strega si toglie gli abiti pesanti, butta via il bastone e comincia a menare di brutto, confusa, frenetica ma mena, non ci sta a mollare la presa. Quella che non vuole mollare il capitano Lucioni: sul primo gol perde l'attimo fuggente, poi salva la sua fortezza immolandosi e suona la carica ai suoi col gol della speranza. “Questa sconfitta non cambia nulla, andiamo avanti per la nostra strada”, se c'era una frase che volevo sentire nel dopopartita è esattamente questa. Avanti capitano e un applauso fragoroso per questa storica, irripetibile striscia di 25 risultati utili consecutivi nata nella tragicommedia prenatalizia in salsa leccese, a te e ai reduci della promozione. E già che ci siamo, auguri sin da ora, visto che nel piovoso pomeriggio salernitano abbiamo scoperto che l'ineffabile Zio di tutti (con tanto di fascia di capitano griffata ad hoc), a breve sarà anche papà...ma non abbiamo dubbi che saprà gestire da par suo entrambi i ruoli.

Ora Baroni ed i suoi ragazzi sono chiamati alla prima reazione stagionale, rialzarsi dopo una caduta che va analizzata ma non ovviamente drammatizzata. La condizione fisica della squadra appare buona, altrimenti un finale del genere su quel campo pesante sarebbe stata impossibile e se qualche pedina ha oggettivamente bisogno di tirare un po' il fiato d'altro canto emerge chiaramente un Cissè in netto crescendo e i vari Pezzi, Gyamfi e Pajac che in qualche modo possono dare una grande mano, unita al rientro degli infortunati, primo fra tutti il Falco devastante di inizio stagione.

Certo, il calendario non dà quella che si può propriamente chiamare una mano. Sabato si va di nuovo in trasferta, stavolta a Chiavari, un tiro di schioppo da Genova, per affrontare l'Entella ed in pratica è un viaggio agli antipodi: da uno stadio maestoso come l'Arechi con una cornice di pubblico numerosa e rumorosa, si va in uno stadio civettuolo, dove in campo si sente il respiro dei tifosi, dove quando il bomber di casa Ciccio Caputo fa gol ( e ne fa parecchi...) con un saltello piomba sugli spalti, dà un bacio alla moglie, una carezza alla figlia, batte il cinque e fà un selfie con un tifoso e in un batti baleno è di nuovo in campo senza rischiare il giallo per perdita di tempo. Eppure in questo contesto quasi da fiaba calcistica l'Entella si trasforma e da pecorella smarrita in versione trasferta  diventa una squadra da Diavoli Neri, come sono ribattezzati dai loro (pochi) tifosi i calciatori biancocelesti. Per dirla tutta quest'anno a Chiavari hanno perso tutti, ad eccezione del Pisa che ha portato via un punticino, mentre l'anno scorso lì hanno vinto solo Cagliari e Crotone, che, per chi non lo sapesse, sono le due squadre salite direttamente in A. Un avviso ai naviganti chiaro ed esplicito, ci vorrà un Benevento al 100% per mettersi alle spalle il flop dell'Arechi.

Dall'altra parte un vecchio ex: quel Nello Cutolo nato calcisticamente nel settore giovanile giallorosso agli inizi del Duemila sotto le sapienti mani di Guido De Rosa e Guido D'Agostino, nella nidiata dei vari Bruno e Palladino, ragazzi che hanno fatto strada. Oggi Cutolo ha 33 anni, ha aperto una scuola calcio a suo nome nel napoletano e ha alle spalle una gran bella carriera fatta di tanta B e tanti gol, un centinaio. All'epoca era un ragazzino dotato che si affacciava al calcio, anche un po' indisponente. La storia è del novembre del 2004, con il Benevento che gioca una storica partita al San Paolo con il primo Napoli di De Laurentiis, sprofondato in C a causa del fallimento. Sul 2 a 0 per il Napoli ecco un rigore per il Benevento: Cutolo entrato da pochi minuti, imberbe 21enne, gasato dal mega striscione esposto in curva B “Gli amici del rione Traiano salutano Nello Cutolo” si impossessa del pallone soffiandolo a quella vecchia volpe di  Molino, semplicemente esterrefatto, lo piazza sul dischetto e via. Ne esce un tiro fiacco, moscio, centrale che Belardi para quasi fischiettando, tra le imprecazioni dei tremila beneventani accorsi al San Paolo per il grande evento. Son passati 12 anni e sabato ci si rivede.

In conclusione un abbraccio a Rocco, un giovane tifoso che domenica aveva programmato la sua prima, storica  trasferta al seguito del Benevento, che probabilmente stava già pregustando da una settimana. Complice una maligna frattura alla clavicola procuratasi proprio in una partita di calcio tutto è sfumato...guarisci presto Rocco, il tempo è dalla tua, di trasferte indimenticabili il Benevento te ne regalerà e ce ne regalerà ancora tante...A proposito, ora che ci penso, vuoi vedere che il primo sinistro segnale del derby stregato non era proprio questo ?

Un saluto agli amici di TUTTOBENEVENTO, a mercoledì prossimo e come sempre FORZA BENEVENTO!

Sezione: VISTO DA EST / Data: Gio 13 ottobre 2016 alle 10:22
Autore: Antonio De Ianni
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