Knock-out, io getto la spugna. Il doppio gancio al mento mi ha tramortito, levato ogni briciolo di forza. La sconfitta di Lecce ha cancellato il mio ennesimo sogno. Il mio, ma sarebbe più corretto scrivere nostro.

Il giorno dopo è sempre difficile trovare argomenti, la forza, lo spirito giusto che è quello che ci consente di andare avanti. Mi riferisco al calcio, certo, è soltanto un gioco, non occorre drammatizzare, ma per chi ama la maglia giallorossa come me (siamo in tantissimi) è così, fa male. Non c’è un altro termine, è così.

Fa male perdere, lo fa ancor di più dover ascoltare o leggere i rituali vomiti esistenziali dei tifosi occasionali, dei "contro" e dei denigratori che probabilmente non aspettavano altro per rovesciare veleno e la propria frustrazione nichlistica sui colori giallorossi. Si legge e si ascolta “di tutto”, personaggi più o meno “noti” pavidamente mascherati da tifosi, occorre ricordarlo. E’ comprendibile, per certi aspetti anche questo è calcio, fa parte del “gioco”, e in fondo ogni attività umana, come il calcio,  prevede una certa parte di rifiuti, che siano stipati nei sacchetti biodegradabili o in jeans e camicia, cambia poco... Lasciamoli alla differenziata forse è meglio.

Il capolinea del campionato 2013/14, nella sua fase extra, è stato lo stadio “Via del mare”. Ai punti il Benevento non avrebbe meritato di perdere, le sue buone occasioni la squadra le ha avute, sia all’andata sia in terra salentina, ma non siamo riusciti almeno a pareggiare in quanto a cinismo e opportunismo, e questo ha avuto per noi un prezzo altissimo.

Chi ha sbagliato? Brini, o dovremmo fare la caccia al colpevole tra i calciatori? Sul banco degli imputati Baiocco, Dicuonzo, Negro, Guerra e in ogni caso, ognuno ha la sua personalissima visione degli eventi, così com’è giusto che sia. La realtà, però, ci racconta che la squadra, integralmente, ha fallito l’appuntamento più importante. “Difetto” caratteriale o tecnico? La verità è un giusto mix, perché io sono sempre convinto che non può l’errore del singolo vanificare centoottanta minuti di gara. Questo, ovviamente, oltre le lacune o l’eventuale inadeguatezza del calciatore/i che oggi siede/no sul banco degli imputati, inutilmente, visto che oramai non c’è più nulla da fare. Comunque, si condividono le vittorie ma soprattutto le sconfitte e credo che ogni uomo della “rosa” sia d’accordo. Un mea culpa da porte di ognuno di loro credo sia necessario a prescindere dalle colpe specifiche.

Non ho condiviso alcune scelte tecniche e la gestione della doppia-gara da parte di Fabio Brini. Una squadra rigida, ingessata in un modulo asfittico per il reparto avanzato. Tanto dispendio energetico e poca messe. Se vogliamo, la più evidente e fastidiosa discrasia è stata vedere Felice Evacuo spalle alla porta per un intero campionato, a sobbarcarsi un tipo di lavoro che ne ha evidentemente snaturato le formidabili doti da attaccante “d’area di rigore”. E’ stato come avere una Ferrari ed usarla per arare i campi, o giù di lì, uno spreco incomprensibile e mai visto, nonostante la “doppia cifra” conquistata dall’ariete di Pompei. E poi, un po' di fantasia anche nel cambiare "in corsa" fisionomia alla squadra "? Squadra solida e compatta, è vero, ma a volte fin troppo prevedibile e ripetitiva. Come sempre mi riferisco agli episodi, lew ultime gare, perchè sulla qualità globale del tecnico nessuno osi dubitare.

Su Paolo Baiocco io non esprimo giudizi stroncanti, perchè non possiedo un’adeguata competenza tecnica. Potrebbe essere stata "un’annata no" per il pipelet romano che ha un buon curriculum alle spalle ed anche esperienza da vendere, avendo giocato in piazze caldissime e nonostante non sia anagraficamente “vecchio”. L’impressione che ho avuto, per quanto visto quest’anno, è quella che lui sia stato il tallone d’Achille di una difesa d’acciaio, in maniera più evidente in questo post-campionato.

Un gran dispiacere (ancora uno) per i tifosi della Strega. Quel muro giallorosso nel settore ospiti a Lecce rimarrà nella storia calcistica sannita, peccato solo per il risultato finale. Bravi prima, durante e dopo la gara, come sempre d’altronde. Composti e civili anche nella rabbia (calcistica) contenuta ed anche nel contestare questo o quello. “Sacrosanto” il loro diritto ad arrabbiarsi, da elogiare anche il comportamento di tutti lontano dallo stadio. Un peccato vederli quasi in silenzio, nonostante il loro elevato numero, consumare l’ultimo panino ed una birra oramai calda in autogrill, con l’inutile e sproporzionato accerchiamento di forze dell’ordine. Una dimostrazione di maturità e civiltà e il mio grazie è d’obbligo. Mai come stavolta mi sono sentito fiero di loro e di come ci hanno "calcisticamente" rappresentato.

Ripartire? Da cosa, perché è facile scrivere “dai tifosi”. Quello è un fatto scontato, i tifosi del Benevento ci sono sempre stati, e ci saranno ancora. Un amore così grande non può essere raccontato o forzatamente enfatizzato, va soltanto vissuto. Oreste Vigorito n’è consapevole, oltre ogni fischio o il consueto “vattene” o altro ancora "tiratogli" da chi è sugli spalti e a caldo "usa" per sfogarsi. Troppo prematuro parlare di programmi progetti, ambizioni, voglia di ripartire. Vale per la Proprietà ma anche per i tifosi. Concediamoci qualche giorno per disintossicarci, per riflettere. Le necessarie componenti per fare bene anche nel prossimo campionato ci sono tutte. E’ solo una questione di volontà, di stimoli. E poi, per riaccendere l’entusiasmo a noi basta poco, nonostante le sonore scoppole, le delusioni.

La passione e la voglia di riprovarci io l’ho appurata già nel viaggio di ritorno dl Salento. Tutti terribilmente incazzati (licenza) ma assolutamente decisi e pronti ad esserci ancora. Ripartire ma prima ancora ricostruire, tirando una doppia linea e girando pagina, certo, ma senza buttare nel cestino quanto di buono c’è. Si paventa una diaspora e questo mi dipiace e preoccupa molto. Oltre le naturali (ed opportune) separazioni per fine rapporto, bisognerà fare il conto con alcune partenze (inevitabili?) importanti. Si parla molto di Evacuo e Mengoni, giunti a scadenza di contratto. Ecco, su di loro si potrebbe costruire qualcosa di molto solido e stesso discorso vale per Padella ed altri. Un’ossatura invidiabile per il futuro Benevento, calciatori che non sarà facile rimpiazzare, ammesso che si voglia ancora allestire una squadra ambiziosa. Un invito caloroso alla Società ed agli stessi atleti a rifletterci e a non agire sotto l’impulso dell’obiettivo fallito. La squadra forte si costruisce soprattutto non lasciandosi sfuggire quelli che, per altre squadre (e sì), sarebbero autentici colpi da novanta. Stiamo calmi e ragioniamo, per amore del Benevento Calcio.

Sezione: IL PUNTO di M.Mulè / Data: Lun 26 maggio 2014 alle 14:30
Autore: Marcello Mulè
vedi letture
Print