Immaginatevi a dover scrivere un articolo e parlare di una persona che, quando gli chiedi il suo film preferito, ti parla di “Men of honor”. Allora tu che fai? Torni a casa, apri un qualsiasi sito internet e scopri che si tratta di un film del 2000 diretto da George Tillman Junior con Robert De Niro. E’ ispirato ad una storia vera e racconta di un palombaro nero (il 1° della storia dell’esercito americano) che, un giorno, in seguito ad un incidente ad una gamba, ne subisce l’amputazione. Nonostante questo, però, lui va fino in fondo, sopporta tutte le umiliazioni possibili ed immaginabili per continuare a fare il palombaro. È il cosiddetto “onore degli uomini”, la storia di uno che, per raggiungere i suoi obiettivi, non si ferma davanti a niente. Bene, Men of honor è uno dei film preferiti di Jorge Martinez. Capite ora di chi stiamo parlando?
Esplorare un personaggio così, credeteci, non è affatto facile. Potremmo parlare all’infinito di lui ed avere la sensazione di non essere andati fino in fondo. Così iniziamo a descriverlo con un appellativo che ha usato per primo Giovanni Micco: il geometra del calcio. E quando senti Jorge parlare, capisci subito che mai nome fu più azzeccato.
Jorge nasce a Montevideo in Uruguay il 22 febbraio 1964. Comincia a dare i suoi primi calci al pallone in una squadra che si chiama Sudamerica, poi eccolo al Cerro e quindi il trasferimento in Brasile, al Curitiba prima e al Figueirense poi. Nel frattempo la sua carriera vede una partecipazione al Mondiale Under 20 con l’Uruguray e la preparazione del Mondiale di Messico ’86 dove conosce gente del calibro di Aguilera, Ruben Sosa, Perdomo, Herrera, Dunga, Bebeto, Junior (tutta gente che ai più anziani fa venire la pelle d’oca). Poi i sogni di Martinez si frantumano come cristallo: a 24 anni è costretto ad appendere le scarpette al chiodo a causa di un grave infortunio alla schiena. E’ il 1988.
A quel punto il nostro geometra decide di chiudere definitivamente con il pallone e va a fare, pensate un po’, il professore di spagnolo. È così che conosce Marcia Andrade, sua alunna che diventerà sua moglie. Marcia è direttore del Master Internacional, un albergo a 5 stelle tra i più belli di tutto il Brasile. Marcia e Jorge sono sposati da 16 anni, vivono a Curitiba(dove Jorge torna tutte le volte che può) ed hanno 3 figli: Alejandro (20 anni), Tatiane (17) e Nadyne (12). E proprio quando la sua vita sembrava avviata alla tranquillità più totale, come una sirena il calcio (da sempre sua grande passione) lo richiama a gran voce: nel 2008, appesi al chiodo penne ed appunti, Jorge diviene allenatore. Nel 2009, mentre si trova a Punta de Este ad un torneo giovanile, l’evento che lo porta nella città delle Streghe: Massimo Mariotto, suo grande amico, lo raggiunge insieme ad Iris Travaglione e all’indimenticato Ciro Vigorito e lo convincono a venire a Benevento per 7 giorni. Jorge non se ne andrà più. E il 29 novembre 2011 l’approdo in prima squadra al fianco dell’amico e collega Carmelo Imbriani.
Insomma, questo è Jorge Martinez. Ma ora preferiamo far parlare lui senza aggiungere più nulla.
Squadra del cuore: “Nacional Montevideo, che tra l’altro ha vinto 43 titoli nazionali (sorride) e 3 Coppe Libertadores”
Passioni: “Solo ed esclusivamente il calcio: mia moglie dice che sono un monotematico, parlo solo ed esclusivamente di calcio. Tutti i giorni ringrazio Dio perché faccio un lavoro che amo e mi pagano pure per farlo. Mica capita a tutti! A volte, devo ammetterlo, mi rendo conto che dovrei staccare un po’ e a volte ci riesco soprattutto quando passo qualche giorno con la mia famiglia che vedo così raramente e mi manca tantissimo. Inoltre, mi piace molto leggere, ovviamente le biografie dei grandi allenatori e tutto ciò che riguarda questo sport straordinario. Io vengo dal Sudamerica e lì si pratica un calcio che deve essere soprattutto bello da vedersi, deve divertire, palla corta, 2-3 passaggi e via”
Oltre a “Meno f Honor”, ci indichi un altro suo film preferito: “Profumo di donna”
Piatto preferito: “La carne uruguaiana- sorride- al mio Paese, con tutte le grandi pianure che ci sono, la carne risulta particolarmente morbida e gradevole. Da assaggiare insomma. Mi piace molto anche preparare delle enormi grigliate la domenica, quando sono a casa mia in Brasile, sia con gli amici sia semplicemente con la mia famiglia”
Jorge Martinez fuori dal campo: “Sono una persona tranquillissima, mi piace stare in casa a leggere soprattutto le biografie dei grandi allenatori, guardare film e ovviamente, informarmi sul calcio. Per il resto amo poco la vita mondana”
Il suo modello di allenatore: “Ce ne sono 3. Ti posso fare la classifica? Al primo posto ci metto Rinus Michel, al secondo Louis Van Gaal e al terzo Marcelo Bielsa. Niente male neanche Guardiola, che è il preferito di Carmelo”
Raccontiamo la telefonata che la informava di essere il nuovo allenatore del Benevento insieme a Carmelo Imbriani: “E’ stato Mariotto (ride). Ero appena sceso a Roma e provenivo da San Paolo in Brasile dove sto frequentando il corso per diventare allenatore. Mi trovavo esattamente sul treno che mi stava riportando a Benevento. Mariotto mi dice: Mister, devi essere qui per le 14. E io: no, alle 14 si allena la prima squadra. Io devo essere lì per le 17, noi ci alleniamo alle 17. E Mariotto: l’allenamento che devi dirigere è alle 14. Credevo di impazzire. Penso mi sia uscito un: noooooo. A dire la verità, vista qualche voce che era girata, una cosa del genere me l’aspettavo già l’anno scorso”
Concludiamo con una domanda quasi scontata: il suo ricordo di Ciro Vigorito: “E’ stata una persona veramente importante per me e per la mia crescita personale e professionale. Mi ha insegnato davvero tanto. Sarebbe impossibile descriverlo. E’ stato lui che mi ha convinto a venire qui, a credere in questo progetto. Era speciale nel dare lezioni di calcio e di vita. Il maggior insegnamento che mi ha lasciato è la sua attitudine a reagire alla avversità. Un esempio? Uno che fino a 3 giorni prima di morire, si alzava la mattina, prendeva la macchina, portava la parrucca e veniva qui a parlare di calcio, a dare ordini, disposizioni e consigli, come altro lo definiamo? Era bello questo suo inno al futuro quando sapeva che non c’era futuro per lui. Noi invece ci lamentiamo sempre, pensiamo solo a quello che non va. Io sono commosso quando penso a questo lato di Ciro”.
Autore: Giovanna Romano
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