“Si cala con una corda dalla finestra che si trova sul retro della casa, e comincia a correre il più velocemente possibile; nel frattempo, il capitano, con lo sguardo, segue tutti i suoi movimenti; gli austriaci si accorgono di lui ed iniziano a far fuoco su quella piccola figura che fugge verso i campi: viene colpito ma si rialza, riprende la corsa ma zoppica, rallenta per poi ricominciare a correre ancora più veloce..” è la storia del tamburino sardo, uno dei racconti più belli del libro Cuore.
Quando ci siamo trovati davanti alla tastiera del pc, pensando al protagonista di questo articolo, ci è venuto in mente il suo conterraneo e ripensando a quello che ci ha detto ad un certo punto dell’intervista (“Sono arrivato a questo punto solo con l’aiuto di me stesso”), l’accostamento è bello e fatto. Insomma, qualcuno lo ha battezzato “Pintoricchio”, Giovanni Micco dice che in campo salta e corre peggio di un canguro, da avversario ha fatto spesso “tremar le vene e i polsi”, per i tifosi è uno dei migliori giallorossi..
Per noi è il tamburino sardo, Andrea Pintori.
Andrea è uno di quelli che è caduto tante volte ma altrettante volte si è rialzato e ha ricominciato a correre.
Nasce a Nuoro il 9 ottobre 1980 sotto il segno della bilancia. Juventino di cuore, è il secondo di 2 figli maschi. Prima di lui c’è Luca, che ha 37 anni e vive a Pisa mentre mamma e papà “fanno gli sposini a Nuoro” (per usare le sue stesse parole). La madre si chiama Maria e lavora all’ufficio delle Imposte, il padre Giovanni Antonio invece è un ex impiegato Enel.
Andrea dà i primi calci al pallone con la maglia del Marsala. Poi eccolo 2 anni al Fincantieri in serie D, quindi Gela in C2 e Acireale in C1. Poi 2 anni al Pisa e 2 con la Sangiovannese. Nel 2007 veste la maglia del Lanciano, nel 2008 quella del Lumezzane dove colleziona in totale 59 presenze e 19 gol.
2 anni fa Pintori sbarca sulle sponde del Sabato, finora per lui 15 gol segnati e classifiche scalate per quanto riguarda “giallorossi dell’anno” e premi simili.
Non ci vuole granchè per capire quanto abbia dovuto lottare, ma lui è di uno di quelli che non molla.
Fuori dal campo è un simpaticone. Il prossimo 16 giugno porterà all’altare il grande amore della sua vita, Silvia. Lei è andata un anno in vacanza in Sardegna e in un locale “mi ha stregato” ha detto lui. Andrea e Silvia hanno già un bimbo, Mattia, 11 mesi e tanta vitalità: “Mattia? Di solito i bimbi sono tutti belli- ha detto il nostro tamburino- lui è birbante, è furbo, è simpatico, è come papà insomma. Certe volte ti spiazza con il suo sorriso”.
Dice di non avere particolari passioni: “Prima che arrivasse Mattia, era play station a go-go, ora sono giochi per bambini a go-go- sorride- per il resto mi piace fare lunghe passeggiate per il corso di Benevento con Silvia e Mattia. Mi piace anche navigare su Internet, ascoltare musica e leggere”.
Ultimo libro letto? “Le prime luci del mattino di Fabio Volo”.
Film preferito? “Il Gladiatore”.
Fuori dal campo, Andrea si definisce così: “Sono solare, mi piace ridere e scherzare. Sono permaloso, ma amo la vita. E per me la vita sono Silvia e Mattia”.
Quando passiamo a parlare di calcio, diventa improvvisamente serio: “Una cosa che amo di questo sport è fare gol sotto la Curva piena. Qui è tutta un’altra emozione. A Lumezzane mi è capitato di fare gol davanti a 200 persone e nemmeno me ne sono accorto. Una cosa che odio invece è l’invidia dei compagni che, credetemi, non è una cosa poi tanto difficile da trovare in uno spogliatoio.
Il ricordo più bello della mia carriera? Aver fatto tutto da solo. Si
- ripete- sono arrivato a questo punto della mia carriera solo con l’aiuto di me stesso. E ne sono felice.
Il ricordo più brutto? Quando mi sono fratturato il quinto metatarso della mano a Pisa
”.
Ci dice di essere molto religioso: “Prego sempre prima di andare a dormire e prima di scendere in campo. Ma la mia non è una preghiera fine a se stessa o fatta sullo stile: Dio mio, fa che vada tutto bene. Mi piace  pregare in silenzio e meditare su Colui che sta sopra di noi. Mi chiedi se ho qualche gesto scaramantico? Nooo- sorride- non potrei essere scaramantico se sono così religioso. Comunque, ho un rituale che ripeto prima di ogni partita ma non te lo dico”.
Gli chiediamo poi cosa si sarebbe piaciuto fare se non avesse fatto il calciatore: “Penso che sarei rimasto lo stesso nell’ambito sportivo. Forse mi sarei messo a giocare a tennis”.
A quel punto gli chiediamo di parlarci di Ciro Vigorito: “Il mio ultimo ricordo risale a quando, un pomeriggio, lo incontrai davanti alla sede del Benevento. Eravamo alla vigilia della gara con il Viareggio. Mi disse: Andrè, mi raccomando, cerca di farmi gol domenica. Ciro era una persona eccezionale”.
Poi scopriamo che gli piace molto la cucina: “Il mio piatto preferito? Gnocchi sardi”poi, con un grande sorriso, aggiunge: “quelli fatti da mia mamma. Il mio preferito di quello che cucina Silvia? Zucchine e gamberetti”.
Andrea ci congeda parlando dei suoi sogni: “Sono arrivato a questo punto solo con l’aiuto di me stesso- ripete- ho fatto grossi sacrifici allenandomi anche da solo, sotto casa. Ora non mi voglio fermare: voglio raggiungere la serie B. Voglio indossare una maglia con il nome e voglio poterlo raccontare a Mattia

Sezione: B-Side..Il lato B....dei giallorossi! / Data: Sab 18 febbraio 2012 alle 09:49
Autore: Giovanna Romano
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