Negli occhi e nel cuore ballano alla grande ancora le immagini e le emozioni di un Monday Night ad alta velocità, che ci ha regalato una elettricità pazzesca oltre a tre punti di platino puro. Benevento e Cesena hanno messo in piedi uno spettacolo che di questi tempi in B non è facile ammirare, un primo tempo in cui il brillante tappeto verde del fortino giallorosso è sembrato un flipper con la sfera che viaggiava da una parte all’altra alla velocità della luce, con 22 uomini che si sono dati battaglia in ogni parte del campo sudando alla grande la maglia a dispetto di una temperatura che superava lo zero solo di qualche grado. La notizia della seratona giallorossa è semplice e meravigliosa allo stesso tempo: il Benevento può giocare partite di quel livello, magari non tutte le settimane, magari soffrendo nell’arco dei 90 minuti, ma può sfidare a viso aperto le squadre più attrezzate di questo campionato ed il Cesena, a dispetto di una classifica bugiarda, è una di queste. Se Baroni indovina la quadratura tattica e la difesa si concede un solo passaggio a vuoto, per poi non sbagliare più niente, poi ci pensano le variabili impazzite, impersonificate lunedì sera dal sinistro delicato di un Ciciretti che finalmente sembra essersi scrollato di dosso le scorie azzurre, fantastiche da un lato, ma pesanti dall’altro. “Questa squadra mi sta facendo venire uno sfizio”, ha commentato il presidente Vigorito fuori dagli spogliatoi al termine della partita, dichiarazione subito rimbalzata nell’etere satellitare di Sky. Sogno, sfizio, non so come si può chiamare, ma di sicuro è di una bellezza accecante.
La sera del 3 agosto scorso, quando in un teatro di Cesena fu presentato in pompa magna il calendario di B, il primo nella storia del Benevento, nella mia testa di tifoso giallorosso si affollò un pieno di emozioni e suggestioni. Poi quando il computer cominciò a spiattellare il quadro delle giornate una dopo l'altra, recuperato un minimo di lucidità, ecco il tarlo ricorrente: si vabbè, tutte partite bellissime, stadi nuovi ma con l'Avellino quando si gioca? Alzi la mano chi non ha fatto il medesimo percorso mentale...sì, perchè al netto della meravigliosa primizia della B che stiamo gustando alla grande il Derby, quello con la D maiuscola, quello del campanile e dello sfottò per antonomasia è quello con i cugini irpini, a dispetto del pedigree calcistico praticamente in antitesi: mentre l'Avellino viveva i suoi 10 anni da leggenda in A e poi frequentemente in B, il Benevento si dimenava nel retrobottega del calcio italiano, tra crisi e fallimenti. Ma oggi è tutto diverso, è il primo derby in B, con Stregoni e Lupi agli antipodi della classifica, che possono guardarsi negli occhi senza complessi né di superiorità né di inferiorità. Insomma, i tempi de “lu sorice e lu pertuso” saranno pure finiti, ma anche quelli della litania ormai stonata “il nostro derby è con il Napoli”.
6 marzo 2005: ecco il giorno della svolta nei derby con gli irpini. Al Partenio si presenta il traballante Benevento di Pino Spatola, reduce dal tremendo scippo crotonese. In panchina c'è Raffaele Sergio, scelta dettata più dalle casse societarie praticamente a secco che da una reale convinzione, i sinistri scricchiolii dell'imminente fallimento societario (che si consumerà puntualmente l'estate successiva...) si fanno già sentire eccome...il campo è un pantano e dall'altra parte c'è la corazzata Avellino, lanciatissima verso la B. Ma soprattutto un macigno di una sessantina d'anni di digiuno di vittorie del Benevento in Irpinia. E quella sembra l'occasione peggiore per sfatare il tabù. Eppure....eppure succede il miracolo che ha un volto e nome ben precisi: Carmelo Imbriani. E' il suo giorno, quello che calcisticamente vale una vita. A metà del primo tempo arriva uno spiovente in area avellinese, un difensore biancoverde allontana di testa, al limite Carmelo, con la sua numero 7 sulle spalle, prima scivola, poi si rialza...la sfera gli cade davanti, tocca terra, un piccolo rimbalzo e poi via, un colpo al volo che va a togliere le ragnatele dall'incrocio dei pali..è il ciak a un momento della storia giallorossa tra i più belli di sempre...Carmelo si rialza, la sua maglia piena di fango non si riconosce quasi più, si volta e parte la corsa irrefrenabile verso il settore giallorosso, roteando le braccia quasi a cercarci, a volerci abbracciare tutti...fino ad arrivare sotto la muraglia umana sannita e inginocchiarsi ai suoi piedi con lo sguardo che solo un sannita purosangue che ha appena fatto gol all'Avellino nel suo stadio può avere...fuoco puro, per dirla in parole povere. Emozioni incancellabili, talmente indimenticabili che per me, per noi la corsa di Carmelo nel fango del Partenio non è finita e non finirà mai e anche sabato, dagli spalti o dagli schermi, ci sembrerà di vederlo ancora correre su quel prato, un privilegio riservato solo a chi ama quei colori come li ha amati Carmelo.
E' un anno di sofferenza per l'Avellino, dopo un paio di stagioni con i play off nel mirino, frutto anche di un ridimensionamento societario che ha portato all'ingaggio di diversi giovani, alcuni, come Verde, dal futuro promettente e dal presente molto interessante. Capitan D'Angelo ed un Castaldo in fase calante provano faticosamente a resistere come colonne della squadra, ora il tutto è nelle mani di Walter Novellino, subentrato a Mimmo Toscano, defenestrato alla faccia di un contratto addirittura triennale. Dopo avere girato mezza Italia (anzi si potrebbe tranquillamente dire tutta....) il popolare “Monzon”, avellinese di Montemarano siede sulla panchina di casa, fidando sulla sua notevole esperienza per smentire il celebre “nemo propheta in patria” che nel calcio vige anche di più che negli altri aspetti della vita. Sabato, in aggiunta, gli stimoli del derby, che è sentito, sentitissimo anche da quelle parti, anche se è meglio non darlo a vedere, chissà poi perchè.
Pensierino finale per quello che Crozza in versione De Luca, governatore della Campania, definirebbe “un personaggetto”. Dopo una serie di sconfitte in serie di cui francamente non ricordo neanche il numero esatto è calato il sipario sulla (dis)avventura di De Zerbi sulla panchina del Palermo. In realtà sarebbe da chiedersi per quali insondabili motivi sia mai iniziata, ma questo fa parte dei misteri irrisolti del calcio italiano e di certa stampa, capaci di creare un mito attorno ad un allenatore che a Foggia ha puntualmente e clamorosamente fallito gli obiettivi assegnati dalla società, a dispetto degli ingenti investimenti effettuati, dispersi negli acquisti di una vagonata di esterni d'attacco tutti uguali e in una isteria di comportamenti trasmessi alla sua squadra.
“Allenatore penoso”, lo ha definito Zamparini che ora dovrà profumatamente continuare a retribuirlo...che dire, avesse chiesto informazioni ai sanniti (non inteso come centro commerciale…) quei soldi li avrebbe risparmiati. Da queste parti una mezza idea ce l’avevamo già e non da ora….anzi ben più di mezza…
Un saluto a tutti, appuntamento a mercoledì prossimo e come sempre FORZA BENEVENTO!!!
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