Nato a Medellìn, in Colombia, il 6 settembre del 1996, Andrés Tello muove i suoi primi passi da calciatore nell’ Envigado Fútbol Club, formazione militante nella massima serie del campionato colombiano. Le prestazioni con gli arancio verdi attirano le attenzioni della Juventus che nella sessione invernale di calciomercato del 2015 lo preleva in prestito con diritto di opzione dai colombiani; opzione esercitata nell’estate successiva, dopo le ottime cose fatte vedere con la Primavera bianconera all’epoca allenata da Fabio Grosso.

I sei mesi con la Juventus Primavera sono il preludio alla prima esperienza da professionista nel calcio italiano con il Cagliari, in Serie B. Quella sarda sarà, però, la prima delle tre tappe di un girovagare in prestito che vedrà il colombiano indossare anche le maglie di Empoli e Bari, prima di trovare casa nel Sannio nell’estate 2018.

Il primo anno in giallorosso è tutt’altro che positivo, anzi. L’ex Juve, giunto alla corte del sodalizio campano tra grandi aspettative di tifosi e addetti ai lavori non riesce quasi mai a ripagare la fiducia che l’ambiente giallorosso, società in primis, che aveva investito e molto per “strapparlo” ai bianconeri, avevano riposto in lui. Il riccioluto colombiano sembra spesso e volentieri un “pesce fuor d’acqua” nell’undici di Bucchi.

Un’annata, la prima ai piedi della Dormiente, che, complice il finale turbolento di stagione a livello di squadra con l’obiettivo promozione svanito nel rush finale dei play-off, non permette a Tello di instaurare un buon rapporto con l’ambiente calcistico beneventano. Anzi, la piazza comincia a mostrare senza mezzi termini un certo malcontento nei confronti del centrocampista colombiano che in giallorosso non riesce a convincere e le cui prestazioni finiscono per ingenerare seri dubbi sulla bontà del suo acquisto. Per alcuni, addirittura, risultano inspiegabili le motivazioni di un investimento simile per un calciatore ritenuto inadeguato per la categoria e che non pare avere un ruolo ben definito: troppo offensivo per giocare terzino come all'esordio in Colombia, troppo indisciplinato per svolgere il delicato ruolo di mezzala. 

Nell’estate 2019, però, il mondo giallorosso viene travolto dal ciclone Inzaghi e con esso lo stesso Tello. Il colombiano da subito conquista la fiducia e la stima del nuovo tecnico che compie su di lui un vero capolavoro, prima a livello mentale e caratteriale e poi tattico.

Il calciatore indisciplinato, disattento, eccessivamente istintivo, spesso, deleterio per il resto della squadra lascia il posto a un centrocampista che ha i tratti del calciatore vero: sempre sul pezzo, concentrato, sicuro e notevolmente migliorato a livello tattico, come dimostrato nelle tante occasioni in cui è lui a coprire le “uscite” dei compagni. Molto probabilmente questa trasformazione è stata favorita anche dalla metamorfosi tattica operata su Tello dallo stesso Inzaghi che da inizio stagione, anche andando contro l’opinione pubblica e buona parte della stampa e spesso per questo venendo anche deriso, ha visto nel colombiano l’esterno ideale per il suo camaleontico 4-4-2.

La sua capacità di corsa, il suo modo di interpretare il ruolo di esterno, le conoscenze da mezz’ala acquisite nel tempo da sfruttare alla bisogna, ne fanno uno dei calciatori più importanti nell’assetto tattico disegnato dal tecnico piacentino che, quando può, non ne fa mai a meno, ben sapendo quanto è importante per l'equilibrio della sua squadra il lavoro ad elastico, in senso orizzontale e in quello verticale, del colombiano; quando, invece, come nella trasferta di Pescara, è obbligato a farne a meno, la sua assenza si sente eccome. 

Il colombiano così, nel giro di pochi mesi, si trasforma da “oggetto misterioso” ad ago della bilancia e pedina fondamentale dello scacchiere tattico del tecnico giallorosso, divenendo uno dei simboli del nuovo Benevento targato Inzaghi.

Sezione: In primo piano / Data: Ven 01 novembre 2019 alle 20:54
Autore: Gerardo De Ioanni
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