Tra i pali è uno di quelli che vola, capace di bloccare un pallone con la sola forza del pensiero. Nel bene e nel male ha scritto pagine di storia con la maglia giallorossa: parliamo di Piergraziano Gori, un nome una garanzia.
Nato a Taranto il 10 maggio 1980 sotto il segno del toro, Piergraziano muove i primi passi nel calcio nella scuola calcio di papà Graziano che negli anni ’70 è stato centrocampista con le maglie di Milan (dove è cresciuto), Vicenza, Taranto, Spezia, Spal tanto per citarne qualcuna.
Calcisticamente Gori nasce attaccante. Difficile da credere: “Già- ci ha raccontato- da piccolo giocavo in avanti. Poi, dato che ero molto (190cm ndr) alto , avevo una discreta stazza fisica e purtroppo- ha detto con un sorriso- anche un po’ cicciottello e con poca voglia di correre, mi hanno messo in porta”.
E il calcio ha guadagnato un grande portiere, aggiungiamo noi.
Nel 1997 l’esordio nella porta del Taranto in serie D: 4 anni e la vittoria di un campionato. Nel 2001 il passaggio all’Ancona in serie B dove colleziona 2 campionati e 6 presenze in totale. Poi eccolo alla Fermana e al Como (2004) e di nuovo al Taranto. Ed è lì che lo pesca il Benevento. Gori sbarca alla corte della Strega nel 2006: 4 anni impressionanti corredati da momenti difficili (“Come dimenticare- ci ha raccontato- la sconfitta ai play off con il Potenza e quella ancora più dolorosa con il Crotone?”) e da momenti esaltanti ( “La vittoria del campionato di C2 nel 2008”).
Nel 2010 un amaro addio. E’ l’anno della rifondazione e una serie di incomprensioni lanciano Gori alla Nocerina. Per la sua carriera è un impulso: anche grazie a lui, la squadra allenata da Auteri stravince il campionato e vola nella serie cadetta. Poi a gennaio 2012 si rompe il matrimonio con i molossi e Piergraziano torna nella città delle Streghe più motivato che mai.
Nella vita privata, è un ragazzo normalissimo. Sposato dal 2004 con Ilaria, tarantina anche lei, ci ha raccontato come si sono conosciuti: “La mia casa e la sua distano 50 metri. Siamo fidanzati dal lontano 1998”. Ilaria e Piergraziano hanno due splendide bambine: Giorgia, 7 anni e Laura, 2 anni e mezzo.
Ghigo ha un fratello di 20 anni, Mauro, calciatore anche lui, attualmente in forza all’Arzanese in Seconda Divisione. Il papà, Graziano, dicevamo, è un ex calciatore. Mamma Maria Pia è impiegata. E proprio a lei dobbiamo l’appellativo Ghigo: “Si, è stata lei- ha sorriso il nostro portierone- siccome io e papà ci chiamiamo allo stesso modo, non ne poteva più di chiamare uno di noi e sentirsi rispondere anche dall’altro. Allora ha coniato Ghigo e così non ci sono stati più problemi”.
Alzino la mano quelli che lo sapevano…
Fuori dal campo, è tutto casa e famiglia: “Dopo il calcio vengono le mie bambine, mi dedico a loro anima e corpo. Di tanto in tanto mi piace guardare qualche film: commedie, polizieschi. Sono uno tranquillo, amo stare in famiglia, fare la spesa con mia moglie e le bimbe. Al massimo, quando Ilaria è a Taranto, mi concedo qualche uscita con i miei compagni”.
E scopriamo che ama molto la cucina: “Si- ha detto- mi piace molto mangiare. Ilaria lo sa e cucina di tutto: risotti, primi e secondi. Ma il mio piatto preferito in assoluto è un piatto tipico della cucina tarantina e come lo prepara mio suocero, non lo prepara nessuno: fagioli e cozze”.
I Negramaro i suoi cantanti preferiti, si definisce anche molto religioso: “Sono credente. Chiaramente abbiamo poco tempo per andare a messa. Ma appena posso, o quando c’è una sosta, ci vado soprattutto per trovare serenità”.
Ha il diploma di perito industriale, ma ci confessa tranquillamente che se non avesse fatto il calciatore, non ha la minima idea di come sarebbe stata la sua vita: “Non lo so e non ci ho mai pensato. Sono cresciuto, come si dice, a pane e pallone. Con un papà ex calciatore, non c’è stato spazio per nient’altro”.
Una cosa che ama del suo mondo sono “le amicizie che si creano con i compagni. Alcune di queste durano anche quando poi le maglie si dividono”.
Quello che invece detesta sono “le scommesse: servono soltanto a far sgonfiare il pallone”.
Racconta poi i ricordi più indimenticabili (nel bene e nel male) della sua carriera: “Quello più brutto è la finale persa con il Crotone. C’erano tutti i presupposti per vincere- ha detto Ghigo- è stato un boccone davvero molto, molto amaro. Il mio ricordo più bello? I 5 campionati vinti: 2 con il Taranto, 1 con l’Ancona, 1 con il Benevento e 1 con la Nocerina”.
Poi parliamo dell’indimenticato Ciro Vigorito: “A parte la storia del rinnovo- ha detto Gori- era una grandissima persona che mi ha dato davvero tanto. Dopo la finale play off persa con il Potenza, mi disse: “Grazià, rialza la testa che ripartiamo”. L’anno dopo abbiamo vinto il campionato”.
Scopriamo a questo punto un simpatico dettaglio: “Sotto il braccio sinistro, ho tatuato le 3 iniziali delle donne più importanti della mia vita: la I di Ilaria, la G di Giorgia e la L di Laura. Sono loro che mi fanno compagnia e mi danno forza in ogni partita ed in ogni momento della mia vita”.
Infine capitolo sogni. Vorremmo sapere da lui quello calcistico e quello personale, ma ci congeda con un unico sogno: “Andare in B con il Benevento e poi potrei anche smettere”.
Bene, caro Ghigo, tutti ci auguriamo che la prima parte si realizzi, la seconda no.
Autore: Giovanna Romano
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