A un certo punto ho creduto di non reggere, lo confesso. Il carico di veleno che mi ha vomitato addosso questo infame mese di aprile stava per diventare insostenibile: la sconfitta al cloroformio nella Pasquetta bresciana, la conferenza stampa surreale di un diesse riemerso dalle nebbie che il 19 aprile (dico il 19 aprile) farfuglia finalmente qualche mezza considerazione sul mercato di gennaio chiuso “appena” da tre mesi, con la solita tiritera del fuggiasco Tonev nella notte del 31 e il mistero che permane intatto sui precedenti 30 giorni. Come se non bastasse eccomi il pari con truffetta col Vicenza (quel colpo di pallavolo in area grida ancora vendetta) e il quarto d'ora di follia di Cesena con i bianchi di casa che ad un certo punto sembravano il Real Madrid. In mezzo, a mò di ciliegina, ci metto pure il furto ai danni del mitico Auteri, a cui hanno fregato la Coppa Italia in quel di Venezia. Roba che se fossi andato in un laboratorio a farmi un esame del sangue non so cosa ne sarebbe venuto fuori. Quasi quasi mi era venuta voglia di chiamare il presidente Vigorito e chiedergli di portare anche me in ritiro, immolandomi volontariamente ad una clausura rigenerante un po' come fatto da Lucioni e compagni negli spogliatoi di Cesena...ma sarà poi andata davvero così? Sono così “attapirato” che io il ritiro lo vorrei senza scampo, altro che soft con visita alla famiglie, un “ora et labora” monacale e un sobrio riposo su tavole di legno. Non si scherza, all'orizzonte c'è il derby con l'Avellino, che nelle stanze di Sky hanno deciso che si giocasse a mezzogiorno della Festa dei Lavoratori, il che, dopo aver lottizzato Vigilia di Natale, Pasquetta e 25 Aprile mi fa presupporre che nella tv di Murdoch ci siano molti single e pochi padri di famiglia. Ma io ho il bisogno impellente di smaltire le tossine che ho in circolo, ho fame di tre punti e non arrivare a quei playoff, che ci sono stati sotto il naso per sette mesi buoni, mi farebbe girare vorticosamente le balle, altra espressione più calzante non la trovo. E ho la vaga sensazione (molto vaga...) che Oreste la pensi più o meno allo stesso modo.
Poi arriva il 1° Maggio e mentre sorseggio il primo caffè di giornata penso a Baroni e ai suoi ragazzi alle prese con pasta in bianco e bresaola, che di prima mattina sanno tanto di tortura cinese. “Se 20 anni fa mi avessero detto che avremmo giocato un derby con l'Avellino in serie B e a quest'ora non ci avrei mai creduto” la butta lì mio padre in fila ai cancelli del Vigorito e a pensarci bene avrebbero preso qualcuno per matto. Invece eccoci qui, sotto il sole cocente, è quasi mezzogiorno. Molti senza il pensiero del pranzo, qualcuno con qualche carta stagnola ben mimetizzata, perchè poi quando è ora è ora. In questa anomalia totale tutto avrei pensato fuorchè di tirare fuori il mio passato di liceale giannoniano. Sì perchè entro al Vigorito e la Curva stavolta ha deciso di volare alto, a dispetto dei dirimpettai biancoverdi che pare invece ci provino gusto ad andare sempre più giù. Lo ammetto, non traduco alla lettera il latino dello striscione, ma il senso e i riferimenti sono chiari, chiarissimi. C'è voglia di Forche Caudine allo stadio stamattina, ma vallo a spiegare a quelli dei “10 anni in serie A” che cosa vuol dire, impresa ai limiti del disperato. La coreografia vale più di mille brochure stampate dall'Ente Provinciale del Turismo, una carrellata di storia e bellezze cittadine da togliere il fiato che ora farà bella mostra di sé in mille video scaricabili da You Tube. Ecco, una di quelle coreografie che sempre gli amici dei “10 anni in serie A” non potrebbero fare mai, semplicemente per mancanza di materia prima (cioè storia e monumenti), ma anche qui è fiato sprecato...
Poi inizia la partita e lo spirito del Guerriero Sannita, come per magìa, lo vedi negli occhi dei giallorossi in campo. Lo vedi nella rabbia di Lucioni, nella tignosità di Camporese, nel moto perpetuo del “vecchio” Cibsah, nella fisicità di Viola, nel trotterellare soave e armonioso di Falco, nella zampata della Belva. Ma lo vedi soprattutto in quel signore distinto con camicia bianca, occhiali e cravatta che siede in panchina. O meglio non si siede mai, sempre in piedi, morso da una tarantola invisibile. Baroni oggi sente su di sé il peso di tutta la responsabilità, in quel mare di citazioni latine, lui col suo look politically correct sembra quasi un professore di liceo, sì un professore di latino...la sua classe oggi ha studiato, è pronta, non vuole toppare. In campo ci sono due squadre, una gioca al calcio e fa tutto quello che nel calcio moderno di oggi va fatto, tranne una, la più antica ed importante, cioè buttarla dentro. L'altra sembra un residuato di un calcio in bianco e nero anni Settanta: non fa pressing, non apre il gioco sugli esterni, difende al limite dell'area e non sale mai per mettere in fuorigioco gli avversari. Eppure rimane incredibilmente in partita e forse il Walter profeta in patria pensa di scappottarsela così. Finchè il destino infame molla la presa, l'aprile dei veleni è finito e i due giocatori con più qualità in campo decidono che è ora di spazzare via finalmente le stramaledette scorie di settimane allucinanti. E al primo gol tutti ad abbracciare il prof di latino, nel frattempo la camicia è uscita dai pantaloni e la cravatta è finita chissà dove. Non ho mai dubitato che si dovesse proseguire con Baroni, lui ha creato questa squadra, lui ci ha lavorato dal primo giorno di ritiro, lui dovrà portarla fino all'ultimo secondo di questa stagione. Fin dove? Fin dove sarà possibile, con dei playoff che restano appesi a un filo, vicini e lontani nello stesso tempo. E l’abbraccio totale e corale della scolaresca al suo prof chiude ogni discorso e mille, stupide chiacchiere da bar.
Ma oggi è il derby e il finale è dolce, dolcissimo. No stavolta i lupacchiotti hanno dovuto rimettere negli zainetti i fuochi artificiali che avevano preparato per un pareggino dell'ultimo secondo, come avvenuto qualche anno fa. Eppure a me, che vi devo dire, alla fine stanno pure simpatici. “Il nostro derby è uno, è col Napoli....”, più sento questa magica frase e più mi stanno simpatici. Ma poi mi viene da chiedermi: ma a Napoli lo sanno? In realtà alla mente mi ritornano quegli sfigati (me compreso....) che alle scuole medie millantavano di essere fidanzati con la ragazzina più carina della scuola salvo ammettere, una volta messi alle strette dai compagni, che “sì, siamo fidanzati, ma lei non lo sa”. Ecco, i ragazzotti biancoverdi li vedo un po' così, mi fanno tenerezza, non altro. Eppure mi sa che i derby col Napoli, oltre a non ricordarli più, fanno fatica anche a sognarli. Di notte dormono poco, impegnati come sono a improvvisarsi, al calar delle tenebre, attacchini di messaggi che sono perle di saggezza e di classe da affiggere nelle pubbliche piazze. I loro papà probabilmente li appendevano alla facciata di Palazzo Reale in piazza del Plebiscito a Napoli (il derby è sempre uno…), i loro adorati figlioletti ripiegano su piazza Orsini a Benevento. Un consiglio: è il caso di cominciare a trovare su Google Map una bella piazza di Pagani, in vista dell’anno prossimo, chissà che non convenga portarsi avanti col lavoro, anche perchè nelle lunghe e noiose serate mercoglianesi la depressione incombe e qualcosa bisogna pur inventarsi per non sprofondare. Nel frattempo noi studieremo a fondo la nuova modalità di ingresso nel settore ospiti…quella dell’uno davanti e tutti gli altri dietro e che nessuno si permetta di scadere in facili similitudini…”ovine”, mancando di rispetto ai “10 anni di serie A”. Buona fortuna per il prosieguo del campionato, specie per la partita di Salerno…che per, farvi contenti, nessuno chiamerà derby…anzi la definiremmo una rilassante passeggiata di salute sul campo di una corregionale, ora sì che la lezione l’abbiamo imparata…ad maiora (ops ecco il latino che torna…)
L’anomalo Primo Maggio si chiude con un’altra passeggiata, quella serale del Frosinone a Salerno, roba che a fine partita la doccia potresti anche saltarla e qualche riflessione sparsa a contorno sorge spontanea: il presidente del Frosinone Stirpe ammorbidirà molto la sua avversione a Lotito, quest’ultimo il 9 maggio sarà eletto presidente di Lega (cosa che a lume di naso sembra interessargli molto più degli improbabili playoff della Salernitana), mister Marino sa piangere bene, la promozione del Frosinone al palazzo non dispiace affatto e che nel vedere un nocerino (mascherato da arbitro di Tivoli) dirigere all’Arechi, con tanto di visita parenti al termine della gara, non sai se ridere o piangere. “Per aspera ad astra”, dicevano i nostri progenitori latini, gente che 2500 anni fa aveva già capito come funziona il mondo: attraverso le asperità fino alle stelle, ma ormai siamo pratici di cose latine, il prof ce lo abbiamo in casa e abbiamo tutti una voglia matta di vederle queste stelle….
Un saluto a tutti, appuntamento a mercoledì prossimo, come sempre FORZA BENEVENTO, ad Ascoli per continuare ad inseguire il sogno !!!
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