di Daniele Piro
Brutta giornata stamattina guagliù. Devo fare mente freddissima, praticamente “m’eggia menà dind’ a na ghiacciaia” per sbollire tutta la delusione. Vi confesso che siccome ero impegnato negli allenamenti sul campo con i ragazzi mi sono perso il primo tempo. Tornato a casa, quasi controvoglia, ho pensato fra me e me di vedermi un secondo tempo che speravo potesse essere foriero di positive novità ed invece neanche il tempo di sedermi sul divano che u panin’ che stev addentando me gliut’ e traviers.
Vi anticipo che il mio articolo oggi sarà molto dialettale perché è l’unico modo che ho per scrivere con più serenità e parlare del circolo vizioso (a livello di gioco e di risultati) in cui siamo caduti dopo l’Epifania. Troppo facile scrivere quando le cose vanno bene, diventa più difficile farlo quando gira tutto storto, perché mi vedo posto davanti ad un bivio: commentare il tutto in maniera negativa e passare come l’aucellone di turno o fare un articolo di fede, speranza e carità. Propendo per la seconda ipotesi ed allora dico che abbiamo bisogno di fede, ed in questo direi che siamo abbastanza coperti (San Pio, San Gennaro, San Bartolomeo), speranza (va bene anche quella purchè nun parlamm’ du ministro), carità, magari provando a dire alle squadre avversarie di non pigliarci troppo a pallonate e di non strapazzarci troppo.
Scherzi a parte, la situazione è black, ma come si dice a Napoli “more black than midnight can’t came” ovvero cchiù nir da mezanott nun po’ venì. Diciamo che noi stiamo intorno alle 23, 23 e 15; se si perde con lo Spezia, si fa mezanott’ manc nu quart’ e se si continua il trend negativo con la Fiorentina… “at che mezanott” (e dopo c’è la Juve).
Sposo per questo molto di più la dichiarazione di Schiattarella, che senza troppi giri di parole ha detto che bisogna tirare fuori gli attributi e che avrebbe rimuginato tutta la notte su questa partita, piuttosto che la ormai solita dichiarazione di Pippo che continua a ripetere che “era impensabile trovarsi così avanti a questo punto del campionato”, o che è “un onore giocare con squadre di caratura così elevata” che ormai lasciano il tempo che trovano.
Tutti sapevamo che la Serie A era tosta e, soprattutto che il girone di ritorno, non sarebbe stato come l’andata.
Squadre che per valori e rosa ci sono superiori, non potevano continuare a navigare in cattive acque e grazie anche al cambio tecnico e qualche acquisto già pronto, stanno velocemente risalendo la china. Forse si poteva o si doveva osare di più, se non lo si è fatto la Società avrà avuto le sue buone ragioni che personalmente credo si possano ricercare nei mancati introiti e in una distribuzione dei diritti tv ancora troppo sbilanciata a favore delle “sette sorelle”, per cui, in un momento così critico da un punto di vista economico, ci sta che un imprenditore-presidente possa un attimino pensare se vale la pena buttarsi a capofitto nello spendere e spandere rischiando un salasso.
Quello che non va bene è però continuare a sentire il solito disco incantato della squadra “ben amalgamata, coperta in ogni reparto”.
Ad onor del vero va dato atto a Pippo Inzaghi di aver fatto quasi le nozze con i fichi secchi, nonostante ultimamente sembra anche lui essere andato un po’ nel pallone, ma se effettivamente “u lignam è chist” non si può pretendere che, come diceva uno dei mister che ha avuto la sfortuna di allenami da ragazzo, “pure e cerze addiventan limun”. Semmai qua mi sa che i limoni sono stati abbondantemente spremuti e non ci sono altre scorte da cui attingere.
Oggi si potrebbe puntare il dito contro tutto e tutti, ma faremmo solo ulteriore “ngopp u cuott acqua vullut’”. Le pecche sono evidenti: un terzino che ora va recuperato soprattutto nel morale, visto che è lui il primo ad essere consapevole dei disastri combinati nelle ultime tre partite in cui è stato richiamato in causa, un nuovo centravanti non pronto che ha 15/20 minuti nelle gambe arrivando da un campionato fermo per la pausa invernale, un altro terzino di spinta (e che spinta) nel giro della Nazionale, out perché forse troppo presto ributtato nella mischia dopo un lungo stop per infortunio, un incontrista scomparso dai radar forse per motivi disciplinari, un esterno spesso svogliato e troppo giocatore in solitaria.
Insomma, la bella squadra rivelazione del primo quadrimestre rischia di passare dalla sufficienza piena ad una clamorosa bocciatura se non si invertirà la tendenza. Forse si è voluto giocare d’azzardo sul tavolo verde che non è quello del poker ma del rettangolo di gioco. Speriamo che riusciamo a pescare il classico asso dalla manica, altrimenti possiamo tranquillamente presentarci al programma di Jerry Scotti Caduta Libera.
Tutto quello scritto non è il semplice resoconto di una partita storta, ma un’accorata riflessione su un periodo purtroppo bimestrale, che non può essere più classificato come un momento no.
Ricordo i discorsi degli irriducibili ed inguaribili ottimisti di tre anni fa quando, man mano che le giornate passavano, si continuavano a ripetere i discorsi del tipo “dai ragazzi, in fin dei conti siamo solo a 4 (poi diventati 5, poi 7 poi 10 punti) dalla quart’ultima” per poi scoprire che eravamo praticamente già retrocessi a novembre.
Adesso ho cominciato a leggere ed ascoltare il ritornello che in fin dei conti siamo ancora 4 punti sul Cagliari, che abbiamo gli stessi punti della Fiorentina, ma se si fa notare che i punti di distacco fino a due partite fa erano 10 o se fino a due mesi fa avevamo dietro 10 squadre, si viene tacciati di “aucellonaggine”.
Non facciamo lo stesso errore, ve lo chiedo per favore. Essere ottimisti è un atto d’amore grandissimo, ma la triste realtà si riassume in 4 punti in 9 partite, 0 gol nelle ultime tre, 2 tiri in porta sempre nelle ultime tre. Pescando fra le perle di saggezza popolare, si dice sempre che “a acino a acino jamm a macina” ma st’acino va pur sempre tirato fuori dalla spiga. La nostra spiga in questo momento appare priva di nutrimento e spetterà a tutto l’ambiente società, squadra, mister e tifoseria, trovare il fertilizzando giusto per produrre la farina tipo “A” della quale tutti vorremmo sfamarci a maggio.
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