Articolo di Daniele Piro

Il calcio di basso livello è il mio mondo; l’ho praticato per anni ed oggi tento di insegnare qualcosa a dei ragazzi con la passione che mi ha sempre contraddistinto. Anni fa, parlando con un amico arbitro, mi spiegò che per indirizzare una partita a favore di una squadra, bastava operare in maniera “chirurgica”, senza bisogno di prendere decisioni scandalose “alla Byron Moreno”. I modi per farlo erano molteplici: un cartellino giallo su cui si poteva sorvolare (magari nei primi minuti), una punizione dal limite dubbia fischiata, un avvertimento perentorio a questo o quel giocatore per indurlo a giocare condizionato, espulsione di panchinari per far avere meno sostituzioni, mancate ammonizioni o mancati fischi contrari alla squadra da favorire. Perfino dare un angolo che non c’era poteva significare creare un potenziale pericolo. 

Bene, ieri sera il signor Pairetto (e l’aggiu trattat’ chiamandolo signore), questi espedienti li ha messi in atto tutti!

Un’ammonizione a Glik inventata, (il polacco non fa assolutamente nulla e nemmeno può scomparire mentre il turco gli frana addosso), salvo poi dimenticarsi di estrarre il giallo per una dinamica simile verso fine match quando su una nostra ripartenza, Villar frena De Paoli (o Tello) sotto i distinti. Espulsione di Inzaghi reo di aver protestato per l’antisportività di Dzeko su Montipò per una rimessa a noi accordata (primo giallo) e per essere uscito dall’area tecnica nel finale (secondo giallo) quando, capendo il momento di totale trance agonistica, un arbitro più “umano” e meno protagonista, avrebbe potuto semplicemente invitare il mister a tornare verso la panca.

Anche la punizione contro dal limite, fischiata alla fine del primo tempo, era in realtà un fallo subito determinando una situazione potenzialmente pericolosa. Il signore (e u stong’ semp’ trattenn’) fu lo stesso che tre anni fa non diede un rigore solare su Cataldi a San Siro, ma soprattutto non sanzionò con un rosso diretto Gagliardini che stava fracassando la tibia di Sandro, non dando neanche il giallo.  Una direzione che definire pessima o scandalosa è fargli un complimento. Francamente se le famose “sette sorelle” devono godere sempre di trattamenti di favore o beneficiare della presunta (ma siamo sicuri che sia solo presunta e non reale?) sudditanza psicologica della classe arbitrale, possiamo tranquillamente chiudere baracca e burattini e darci al curling o al cricket. 

La Roma stecca con una “piccola” dopo aver sempre racimolato punti e goleade con le squadre del lato destro della classifica. E la stecca è resa ancora più eclatante se si pensa che lo zero a zero è venuto al termine di una partita in cui non ha costruito praticamente nulla, pur giocando in superiorità numerica per oltre mezz’ora, e potendo beneficiare di cambi milionari quali Dzeko, Pedro, El Sharawy che avrebbero spaventato chiunque solo al sentirli nominare. L’unica vera parata Montipò la fa nel primo tempo sull’ennesimo svarione difensivo, con Schiattarella che regala una palla con un passaggio verso il centro nella nostra tre quarti. Caldirola salva un gol ed esulta come se lo avesse fatto, ma il tutto era avvenuto a seguito dell’ennesimo mischione finale, con i palloni scodellati in area (la classica palla dell’Ave Maria) sperando che Dzeko o chi per lui facesse il miracolo. Miracolo che era arrivato sull’avventata entrata di Foulon che, nella foga, prende palla e giocatore al 95esimo con rigore purtroppo netto. Guardalinee che nell’occasione si fa una dormita colossale perché la posizione di Pellegrini in off side era abbastanza evidente e fortunatamente l’intervento del VAR per una volta  ci ha sorriso. Sarebbe stata una beffa troppo grande digerire la sconfitta per un rigore al 95esimo, ma il calcio è così e se vogliamo, questa è l’ennesima dimostrazione che fino al centesimo minuto di gioco, soprattutto in Serie A, bisogna essere concentrati e cattivi.

Le lagrime di Foulon sul petto di Ionita tra l’abbraccio corale dei compagni a fine gara dimostrano quanta voglia, grinta, cazzimma e determinazione c’è nel tentare di fare bene e sposare la causa, ma devono anche essere un monito per il giovane terzino belga che di sicuro farà de necessitate virtutem di quanto accaduto ieri.

Una partita praticamente perfetta con buone chiusure e tentativi (pochi) di spinta, macchiata da un intervento irruento che poteva vanificare tutto il buono messo in mostra ieri. Crescere significa sbagliare e farne tesoro. Non ci avrà dormito su stanotte, ma stamane sicuramente si sarà svegliato sapendo che in area di rigore bisognerà contare fino a dieci, soprattutto nei finali concitati, per far sì che la generosità ed il cuore oltre l’ostacolo non producano effetti contrari a quelli voluti. 

Glick immenso capitano coraggioso e vero leader della squadra. Espulso, si siede all’ingresso degli spogliatoi con un giubbotto addosso, rifiutandosi di abbandonare il campo perché “doveva restare a soffrire con i ragazzi”. Piccoli gesti pieni però di grande significato che di sicuro avranno dato ulteriore benzina a chi in campo sapeva che con la sua uscita avrebbe dovuto moltiplicare le forze e gli sforzi. E nell’inevitabile assedio a Fort Apache, si erge sugli scudi Barba, che le prende tutte con qualsiasi parte del corp; Caldirola, buttato nella mischia quasi a freddo, toglie un pallone sulla linea strozzando l’urlo in gola dei romani e Montipò è perfetto in ogni uscita ed anche “cazzimmoso” nelle scientifiche perdite di tempo che gli costano un giallo.

Letta così sembra davvero che abbiamo messo il pulmann all’interno dell’area, ma al contrario, non ho visto trame di gioco dei capitolini tali da potermi far pensare che ci stavano chiudendo. Si sono affidati a lanci lungo verso il perticone e qualche incursione soprattutto dalla sinistra, ma nulla più. Poca roba per una squadra che poteva contare sull’uomo in più e su una batteria di cambi siderale. In una serata come quella di ieri le defezioni di Improta e Tuia si sono fatte sentire. Soprattutto quella del sette polmoni è stata importante perché oltre ad assicurare gamba, ci avrebbe permesso anche qualche ribaltamento rapido che ieri è mancato. Troppo solo Lapadula che pure ha fatto a sportellate e tenuto in apprensione la difesa praticamente da solo.

Sinceramente (ma questa è una mia opinione personale) non capisco come si fa a criticare un ragazzo che si sbatte come un forsennato. Siamo una squadra che non macina tanto gioco, che difficilmente riesce ad attaccare con 4/5 uomini, giochiamo con rilanci lunghi molti dei quali anche fuori misura, sul quale l’italo peruviano si fionda sempre con generosità, e quando riesce ad arrivare per primo sul pallone spesso si ritrova pure ingabbiato fra le maglie dei difensori avversari, riuscendo a combinare ben poco.

Semmai devo trovare il pelo nell’uovo, non mi è piaciuto molto Tello. A dieci minuti dalla fine si ritrova un pallone al limite da calciare con tutte le forze, magari anche da spedire sulla balaustra del secondo anello della curva, ed invece cincischia favorendo una micidiale ripartenza con lui, fresco e giovane, ad inseguire annaspando. Ma tolto questo piccolo neo, è stata una prestazione corale che dimostra quanto questo gruppo sia coeso e cosciente di cosa sta facendo e questo è un dato psicologico da non sottovalutare. Un gruppo caricato a mille con testa e gambe che rispondono, può sfoderare delle prestazioni “monstre” come quella di domenicsa sera,  ma, mancando la grossa individualità capace di fare la voce grossa, se lo stesso  non gira, si rischia di andare tutti in  bambola prendendo le imbarcate perché tutti sembrano cadere in depressione  (vedi le partite con Spezia, Crotone, Inter dove non c’è stata alcuna reazione ma siamo stati solo sparring partner messi all’angolo).

Adesso arriva il Napoli che per quanto incerottato e pieno di problemi ha una rosa nettamente superiore. La mancanza di Glick si farà sentire, ma meglio perdere il polacco in una partita così che nei futuri scontri diretti nei quali avrebbe potuto giocare con il freno a mano tirato per non rischiare l’ammonizione. Certo se Letizia, Improta e Tuia fossero abili ed arruolati e con un Gaich con una settimana in più di lavoro di squadra, andremmo a Napoli un po’ più carichi.

E’ pur sempre un derby nel quale 11 Davide sfideranno 11 Golia. Sarebbe bello continuare la striscia positiva per mettere un altro mattoncino a quello scudetto chiamato salvezza. Noi non corriamo, ma dietro c’è chi fa di peggio contribuendo notevolmente ad abbassare la quota salvezza che, ad oggi, credo si assesti intorno ai 38 punti.

Sarà una partita per la gloria, forse sono la nostra, visto che nel capoluogo partenopeo ci considerano poco o nulla.

Quale occasione migliore per ricordare loro che al di qua della pianura campana c’è un popolo che ha saputo storicamente tenere testa ai Romani e che quando si tratta di battagliare è pronto a dare il meglio di sè.

Due fisso e…”ndurzamml’ ‘ngann’!               

Sezione: A Mente Fredda di D.Piro / Data: Mar 23 febbraio 2021 alle 06:43
Autore: Andrea Bardi
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