Piagnistei? Non mi piacciono, non ne faccio mai anche perchè, dati alla mano, sono inutili e probabilmente anche dannosi. Voglio parlare della partita con il Melfi, provare a rivivere, per trovarvi uno spunto razionale (illuso), quel concentrato di emozioni dense, pulsanti, coinvolgenti, che ci hanno sballottato e inebriato dalle 17 di sabato fino a......beh, un termine credo non possa esserci. Rimarranno con noi, credo, all'infinito.

I circa quattromila che hanno preso posto allo stadio forse neppure avevano immaginato quanto poi avrebbero vissuto di lì a poco, ad emozioni così intense. Certo, una gara che si preannunciava difficile, per tanti motivi. Ma da lì a finire in un pentolone ribollente di gioia, rabbia, disperazione e poi ancora smodata gioia liberatoria.....ce n'è voluta! Finale mondiale? Macchè, Benevento-Melfi di Lega Pro, ovvero la capolista del girone contro una pericolante. Addirittura? La classifica lo dice. Invece è accaduto ciò che nessuno poteva immaginare. Il Melfi che, con un tocco magico, probabilmente complici le Streghe, sono scesi in campo indossando la camiseta del Real Madrid in una simil-finale (per loro) di Champion's. Battaglia all'ultimo sangue, un'applicazione maniacale e feroce sull'avversario. Tutto assolutamente normale, per carità! Il calcio va giocato con onestà, sempre, e fino in fondo. Peccato che solo una settimana prima la stessa squadra aveva vivacchiato e subìto la più classica delle sconfitte, in casa, contro un'altra squadra "forte".

Probabilmente "l'altra squadra" è stata talmente forte da annichilire il Melfi, ci può stare eh! Però, per una squadra che, logicamente, non credo volesse fare i punti salvezza a Benevento (solo per il divario in classifica, sia chiaro), la reazione emotiva al triplice fischio finale di molti dei suoi calciatori crea almeno qualche dubbio negli spettatori, anche quelli di altre città, considerato che la ripresa web è fruibile in all the world. Basta andarsi a rivedere le immagini della reazione scomposta e rabbiosa di un paio di calciatori in maglia blu e gialla, nei pressi del tunnel del sottopassaggio per gli spogliatoi, e ci ci può rendere conto che qualcosa non quadra. Cosa? Non lo sappiamo, ecco perché vorremmo capirlo, e peccato che a fine gara nessuno del club lucano si sia presentato in sala stampa per spiegarcelo. Io spero davero che quelle immagini qualcuno le possa valutare con attenzione per fare le giuste considerazioni e, semmai, anche le dovute azioni. M'illudo, certo, ma lo dico per il bene del calcio, non solo quello di colore giallo e rosso.

Volevo parlarvi delle emozioni, mi sono lanciato invece in una inutile polemica. Inutile, perché alla fine la vittoria è in cassaforte. La vittoria, del cuore della  squadra, quella dei cuori impazziti dei tifosi al triplice fischio. Ho visto lacrime scendere giù, ho sentito imprecazioni e urla di rabbia nel corso della gara. Due ore intense come poche volte io posso ricordare. Urla di rabbia e giustificata frustrazione per la pesante ingerenza di un signore in giacca nera (in verità azzurra, ma moralmente NERA) che ha disonorato la sua stessa divisa e l'associazione di cui fa parte. Indegno di un simile palcoscenico e con lui i due complici. Non assistenti, ma complici per quanto accaduto, nella più attinente accezione possibile. Complici perchè io posso accettare che uno solo dei tre possa commettere "errori di valutazione". Uno, ma tre insieme, beh, scusatemi, ma è assolutamente inammissibile. Razionalmente, i tre hanno più volte valicato il limite del codice penale, perché certi atteggiamenti non sono altro che vera e propria istigazione a delinquere nei confronti dei tifosi. Tre soggetti degni di DASPO, e mica è solo uno scherzo. La rete di Eusepi, nei titoli di coda,  ha tirato giù le gradinate, ed ha spazzato via una pagina calcistica da cancellare per i nostri "ospiti", ovvero squadra e terna arbitrale. Pensate a cosa poteva accadere se,  nella concitazione, gli ospiti avessero trovato la rete della vittoria. E i "danni" successivi?

A fine gara, fuori dallo stadio, nessuno voleva andar via, e per fortuna soltanto per immensa gioia. Tutti lì, sotto la pioggerellina, a parlare, a sfogarsi, per provare a dissipare la quantità -quasi letale- di adrenalina in circolo nel sangue. Qualche centinaio di tifosi, tanti giornalisti, qualche calciatore che, insieme alla propria gente, non voleva saperne di andarsene a casa. Un'emozione intensa, meravigliosa, la consapevolezza di poter essere più forti anche quando si gioca in undici contro tredici. Si può perdere se l'avversario è più forte, ci può stare. Giocare e vincere o perdere, ma ad armi pari. Altrimenti non è più calcio, è violenza, sopruso, ingiustizia, e il passaggio da sport a cronaca nera può essere breve.

Anna Oxa cantava in "Un'emozione da poco" (bellissima canzone): ...per me, più che normale, che un'emozione da poco mi faccia stare male [...]". Il Benevento non sarà mai, per noi, un'emozione da poco, ma tutt'altro! E' un battito aggiunto al nostro cuore. E' legame vero, la voglia di lottare insieme, di provare a raggiungere un traguardo sportivo. Provare, senza nessuna pretesa violenta, senza alcuna minima intenzione di sporcarsi le mani e la coscienza. Il calcio è bello per questo. Si può vincere ma si può anche perdere. Sul campo però.

Un'altra partita in meno da giocare, ma nulla è stato ancora conquistato. La lotta si fa sempre più dura e serrata e, da sabato pomeriggio, siamo coscienti che dovremo lottare contro TUTTO e tutti. Ma noi andremo avanti, restando stretti alla nostra squadra, perchè UNITI SI VINCE e solo così.

Sezione: IL PUNTO di M.Mulè / Data: Lun 23 febbraio 2015 alle 05:00
Autore: Redazione TuttoBenevento
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