Ho contato fino a dieci.

Altrimenti il mix di sentimenti tra amarezza, delusione, frustrazione e rabbia che ho provato domenica scorsa avrebbe rischiato di far uscire, dalla mia condizionata penna, veleno anziché inchiostro.

Avrei, così,  rischiato di esprimere, nel peggiore dei modi perchè non aiutato dalla ragione, tutta l’amarezza, la delusione, la frustrazione e la rabbia  di un tifoso che non meritava di assistere alla “resa preventiva ed incondizionata” di una squadra, quella del cuore,  apparsa  poco determinata, estremamente pavida e timorosa, ancora una volta incapace di offendere e di dettar legge sul proprio campo al cospetto di una diretta concorrente.

E non mi sembrava giusto, né corretto.  

Non mi sembrava giusto, né corretto nei confronti degli stessi calciatori, ai quali va riconosciuto senz’altro l’impegno profuso, fino ad oggi, per la “causa” e concessa l’attenuante (ma non l’esimente) di esser costretti a giocare, da troppo tempo a questa parte (praticamente da inizio stagione),  in costante assetto emergenziale, cosa che non ne favorisce né la concentrazione, né tantomeno  la necessaria  “crescita” di rendimento (come singoli, ma soprattutto come squadra). Anzi, a lungo andare (e le prime avvisaglie si erano già intraviste a Pagani), il rendimento e la concentrazione finiscono per subire un’inevitabile involuzione alla quale il “gruppo”, per quanto unito e coeso come mai quest’anno,  può soltanto in minima parte rimediare ponendovi la classica “pezza”.

Non mi sembrava giusto né corretto, poi,  nei confronti della società Benevento Calcio, con in testa il suo Presidente, alla quale non può certo rimproverarsi nulla per quanto fin qui compiuto e speso, per tamponare l’emergenza e non lasciare nulla di intentato al fine di favorire il perseguimento degli obiettivi stagionali, e non solo quelli meramente sportivi. E non è di certo intenzionata a finirla qui.

Non voglio entrare nell’analisi della partita. Di questo hanno già esaurientemente parlato in tanti prima di me, molto più “accreditati” a farlo. Bypasso, quindi, i novantacinque minuti che hanno interessato la contesa e vado direttamente alla fine. Perché la cosa più bella (l'unica, in verità, di una giornata da dimenticare) che ho impressa nella mente è andata in scena soltanto al triplice fischio di un (ancora una volta!) mediocre direttore di gara: l'abbraccio, ideale, che l’intero stadio ha voluto regalare alla squadra, nonostante l'amara sconfitta appena consumatasi. Tutti, ma davvero tutti i tifosi (con qualche … solita eccezione), dalla curva, ai distinti, alla tribuna, hanno tributato, al termine dell'incontro,   la standing ovation  ai calciatori, usciti dal campo tra gli applausi.

In altri tempi, non tanto remoti, una messe di fischi ed insulti avrebbe, invece, accompagnato i protagonisti in negativo fino all’imbocco degli spogliatoi.

Perché il pubblico, questa volta, ha “capito”. Ha compreso, meglio di chiunque altro “solone” ed “esperto”, il momento di seria difficoltà in cui versa la squadra ed voluto tributare il giusto riconoscimento ed il caloroso incitamento a dei ragazzi che, comunque, stanno dando l’anima, e anche qualcosa in più,  Il messaggio, inequivocabile, lanciato da tutti i VERI tifosi domenica scorsa è stato <<TRANQUILLI, RAGAZZI, NON E’ SUCCESSO NIENTE . STRINGIAMO I DENTI, NON MOLLIAMO, RESTIAMO UNITI E COMPATTI E SUPEREREMO INSIEME QUESTO MOMENTO>>

E gli stessi giocatori sono andati a ringraziare i tifosi ed a saltare con loro.  Come dopo una vittoria, perché è stata questa la vera vittoria di domenica.  

Non sono cose che si vedono tutti i giorni. Facile saltare quando si vince. Un po' meno lo è quando la squadra ospite viene a casa tua e ... ti prende letteralmente  a schiaffi (calcisticamente parlando), soprattutto nella prima mezz'ora di partita; ancor più se quella squadra si chiama Lecce che si presume  dovrà giocarsi, insieme a te e ad uno sparuto numero di contendenti, la promozione diretta in serie B.

C'è solo una spiegazione anzi, una sola parola che mi viene in mente: maturità.

Domenica si è avuta la prova, definitiva ed inconfutabile, di come il tifo  sannita abbia  acquisito, ormai, quella  cultura e quella mentalità giuste per meritarsi palcoscenici di ben altre categorie. E non soltanto di quella immediatamente superiore all’attuale.

Nessun coro contro " la tifoseria avversaria di turno (anzi, reciproco rispetto);  nessun coro indirizzato ai "nemici" storici (assenti) di altre piazze minori  ormai cadute in disgrazia;   continuo ed incessante sostenimento alla squadra dal primo all'ultimo minuto, specialmente nei (tanti) momenti di difficoltà; infine, nessun fischio ed invettive  a fine gara (con qualche piccola eccezione da parte dei …soliti noti, ma non è una novità). Soltanto applausi e cori di incitamento.

A proposito di “soliti noti”, permettetemi un breve inciso.  Non è , purtroppo, una novità, la presenza allo stadio di personaggi, essenzialmente giornalisti o presunti tali, i quali non perdono occasione per “criticare a prescindere” tutto e tutti, dal primo al novantesimo minuto: giocatori, tecnico, società, presidente (soprattutto quest’ultimo). Quegli stessi giornalisti o presunti tali che, poi,  frequentano da opinionisti i vari “salotti” televisivi e sembrano anche provare una perfida sensazione di “goduria” quando le cose non vanno nel verso giusto. Per carità, tutti coloro che “pagano” per assistere ad uno spettacolo, sia esso sportivo o teatrale, hanno pieno diritto di esprimere critiche e giudizi.

Quelli che “pagano”, appunto.

E’ risaputo, infatti,  che queste persone sono solite entrare allo stadio grazie agli “accrediti” che “elemosinano” di volta in volta alla società Benevento Calcio S.p.A.

Quella stessa società da essi tanto odiata, vituperata ed … attaccata.

Che abbiano almeno il coraggio, e la dignità, di tacere. Altrimenti se ne stessero tranquillamente a casa propria. Della loro fastidiosa ed ingombrante  presenza allo stadio nessuno, ma proprio nessuno, avverte il bisogno. Se, poi, questi “esperti” frequentano anche, quali “opinionisti” i vari salotti televisivi, almeno cerchino di essere più “preparati” prima di parlare. Qualcuno di essi non ha perso occasione, infatti,  per affannarsi a farci intendere che, perché si verifichi la situazione di assegnazione di un calcio di rigore, occorre che vi sia la necessaria volontarietà del fallo di mano. Vero soltanto a metà. Evidentemente dimentica, o semplicemente ignora, che il concetto di “volontarietà” non è applicabile quando il difendente, allargando le braccia, aumenta il “volume” del proprio corpo.

Mi scuseranno, gli amici lettori, questo piccolo inciso. Ma lo ritenevo calzante, in questo particolare contesto

Tornando a noi, cosa dire d’altro ?

Niente. Non è successo niente. Non si era vinto il campionato ieri, non lo si è perso oggi. Fino alla fine ci sarà l’altalena di sorpassi e controsorpassi tra le quattro squadre che tirano lì davanti. Bisognerà soltanto limitare i danni in questo particolare momento e cercare di perdere quanto meno terreno possibile dai battistrada.

Poi arriverà gennaio, e, stiamone certi,  ci penserà ancora una volta zio Oreste .

E non è detto che la sfortuna, ed i momenti di crisi, non possano interessare anche i nostri avversari. Ci sono ancora 24 giornate, 72 punti a disposizione.

L’ Aversa Normanna può ancora vincere il campionato !

Sezione: PUNTI DI VISTA / Data: Mar 25 novembre 2014 alle 19:00
Autore: Andrea Bardi
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